Da Fondamenti della geometria di David Hilbert
(Milano, Feltrinelli, 1970 - traduzione di Pietro Canetta):
Introduzione all'edizione italiana di
Carlo Felice Manara
(pag. vii-xxiii, con
variazioni e segnalazioni elencate nell'allegato)
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L'Introduzione è in tre parti,
suddivise, rispettivamente, in 9, 4, 4 sezioni.
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Introduzione all'edizione italiana
I. La crisi della Geometria nel secolo XIX ed il problema dei fondamenti
della Matematica
1. Si può pensare che sia un ripetere un luogo comune l'osservare che
la Matematica durante il secolo XIX è passata attraverso una crisi
che ha trasformato in modo radicale il suo assetto.
Tuttavia appare necessario ricordare questa circostanza
quando ci si accinge a
prendere in esame un'opera come i Grundlagen di D. Hilbert,
che è ormai entrata fra i classici della Matematica.
È inoltre abbastanza facile osservare che nella crisi della Matematica,
di cui abbiamo detto,
la crisi della Geometria rappresenta un punto particolarmente delicato.
Si potrebbe individuare infatti
nella evoluzione della Geometria durante il secolo XIX
una delle cause della "crisi dei fondamenti" di tutta la Matematica.
Per spiegare meglio che cosa intendiamo dire
quando parliamo di crisi della Geometria,
vorremmo osservare che dall'inizio del secolo XIX alla sua fine
troviamo compiuto un cammino di pensiero
che si può valutare come molto più importante
del cammino percorso
durante la evoluzione di tutti i secoli precedenti.
Per accennare soltanto alle tappe essenziali della evoluzione
di cui stiamo parlando,
potremo ricordare che
la lettera di Gauss (a Bessel),
nella quale egli diceva
di essere in possesso di alcuni risultati di Geometria non-euclidea
01+
ma non di volerli pubblicare perché temeva "... gli strilli dei beoti",
è del 1829;
02*
l'opera di G. Bolyai (pubblicata in appendice al libro del padre, W. Bolyai)
è del 1832;
l'opera di N.I. Lobacevskij è del 1829.
La fondamentale memoria di B. Riemann,
che impostava su basi del tutto nuove i fondamenti della Geometria,
03*
è del 1854 (e fu pubblicata dopo la sua morte nel 1868);
infine la interpretazione che E. Beltrami dà
della Geometria non-euclidea del piano su una superficie a curvatura costante
è sostanzialmente del 1866,
e le memorie di A. Cayley
sulla interpretazione proiettiva della Geometria non-euclidea
sono degli anni 1859 e seguenti.
Come è noto, queste interpretazioni confermavano
04*
la non contradditorietà della Geometria non-euclidea
e quindi costringevano i matematici,
anzi tutti gli uomini di scienza e di cultura,
a guardare la Geometria sotto una luce del tutto nuova.
Per comprendere appieno ciò che vogliamo dire
vale la pena di osservare che,
fino alla crisi di cui parliamo,
la Geometria era stata considerata in un certo senso
come una scienza avente certi contenuti e certi oggetti.
Essa esplicava il proprio rigore nell'enunciare come postulati
05#
(o assiomi che dir si vogliano)
tutte le proposizioni che non dimostrava,
e nel dimostrare rigorosamente in seguito tutte le altre proposizioni
che enunciava sotto forma di teoremi.
Tuttavia le proposizioni enunciate come "assiomi"
erano considerate come "evidenti",
e come prese dalla osservazione della realtà esistente
di uno "spazio geometrico"
che si pensava costituisse l'oggetto della Geometria.
La storia del famoso postulato
che viene abitualmente chiamato
"postulato delle parallele" di Euclide
e dei tentativi della sua dimostrazione
fa vedere che non esisteva il minimo dubbio
sul fatto che esso enunciasse delle cose "vere".
Si pensava che la realtà osservata, con la sua esistenza, si assumesse
--- per così dire ---
la responsabilità di garantire della non contradditorietà dei postulati
e sulla possibile esistenza di contraddizione degli enunciati,
anche di quelli pronunciati senza dimostrazione.
Inoltre l'insieme delle proposizioni da enunciare sotto forma di postulati
era pensato in certo modo come determinato dalla realtà e dalla sua evidenza
e quindi non soggetto a scelte.
Per dire il vero la storia mostra che,
nei tentativi di dimostrazione del postulato euclideo delle parallele,
vari autori avevano assunto certe proposizioni
(in modo più o meno esplicito e cosciente)
come "più evidenti" del postulato stesso
ed avevano tentato di dimostrare quest'ultimo come teorema.
Questo fatto tuttavia non aveva stimolato alcun ricercatore,
prima del secolo XIX,
06+
ad avanzare il dubbio che la scelta degli assiomi potesse,
in certa misura almeno,
essere libera e non determinata dalla "evidenza" di una realtà osservata.
Questo dubbio non aveva forse mai neppure sfiorato i geometri
che vissero prima del secolo XIX;
invece dovette essere preso necessariamente in considerazione
quando la costruzione delle Geometrie non-euclidee
07*
e la dimostrazione della loro perfetta compatibilità logica
posero il problema di precisare quale fosse l'aggancio con la realtà
che è tipico della Geometria
e quindi quale fosse la stabilità del fondamento di "evidenza"
sul quale si era pensato fino ad allora di fondare tale scienza.
Non vogliamo addentrarci ora nella analisi
delle dimostrazioni di compatibilità,
ma ci limitiamo ad osservare che alcune di esse
presentano un aspetto molto interessante che è dato dal fatto
che esse sono basate sulla costruzione
di "modelli" immersi in un ambiente euclideo.
Di conseguenza si potrebbe dire che la stessa Geometria euclidea,
quando sia supposta valida,
fornisce gli strumenti per dimostrare
che essa non è la sola Geometria che si può costruire.
2. È immediato osservare che la crisi della Geometria,
di cui abbiamo detto sommariamente,
non si limitava a questa scienza,
ma tendeva a coinvolgere tutta la Matematica,
perché poneva il problema di determinare
che cosa fosse veramente l'oggetto di una teoria matematica
e come questa dovesse essere considerata dal punto di vista epistemologico.
Invero quello che veniva a cadere, con la crisi della Geometria,
era il concetto di un oggetto specifico di questa scienza,
perché ovviamente se esiste un oggetto ben determinato
e se è possibile fare una scienza di esso,
questa deve risultare coerente;
se invece è possibile costruire
delle teorie diverse e contradditorie di un medesimo "oggetto"
allora è legittimo il dubbio che tale oggetto non abbia una esistenza,
almeno nella accezione comune del termine.
Ora, se si mette in dubbio l'esistenza di un oggetto della Geometria,
viene a cadere di conseguenza la sicurezza
che tale oggetto garantisca la incontradditorietà dei postulati
che si assumono come iniziali per lo svolgimento della scienza;
e viene anche a cadere la convinzione che l'insieme di postulati sia
--- per così dire ---
determinato dalla evidenza della osservazione.
La situazione di grave crisi nasceva quindi dal fatto
che era assolutamente necessario
assumere un nuovo atteggiamento nei riguardi
della Geometria
e che tale atteggiamento
doveva necessariamente prendere le mosse
dalla constatazione
della impossibilità di mantenere la concezione classica.
Tutti questi fatti ponevano dei problemi logici
che trascendevano i problemi singoli della Geometria per investire,
come abbiamo detto,
tutta la problematica logica della Matematica in generale.
3. Prima di presentare la situazione come era verso la fine del sec. XIX,
08#
va ricordato che nel corso di detto secolo
erano spuntati dei nuovi rami sul vetusto tronco della Geometria classica.
Ci limitiamo a ricordare la Geometria proiettiva,
la quale,
sorta per opera di J.V. Poncelet e di G.K.C. v. Staudt,
permise tra l'altro di impostare in maniera unitaria certi problemi
09#
che erano considerati nella Geometria euclidea come separati e distanti,
e permise di dare alle trattazioni geometriche
un carattere di grande eleganza e generalità.
Nascevano poi anche altre "Geometrie"
e questa nascita poneva il problema della ricerca dei fondamenti
e della specificazione dell'oggetto di queste scienze;
inoltre, veniva confermato il fatto che la Geometria euclidea
non è
la unica possibile trattazione razionale delle esperienze spaziali dell'uomo.
Vogliamo infine ricordare
che un grande passo verso la analisi di questi problemi
fu fatto da F. Klein
con la famosa dissertazione
(comunemente conosciuta come "Programma di Erlangen")
nella quale egli utilizzava certe strutture algebriche relativamente recenti
(la teoria dei gruppi, intesa come teoria dei gruppi di trasformazioni)
per dare una visione unitaria delle varie Geometrie
che stavano nascendo dalla fantasia e dal raziocinio dei matematici.
4. Per considerare più davvicino la nuova concezione della Geometria,
quale essa appare dalla trattazione dei Grundlagen,
conviene forse fissare l'attenzione sui procedimenti
che hanno permesso ai geometri di dimostrare
la compatibilità logica delle Geometrie non-euclidee.
Abbiamo infatti detto sopra che
la Geometria euclidea può fornire dei modelli
per garantire la compatibilità delle Geometrie non-euclidee.
Avvertiamo che il termine "modello"
vien preso qui nella accezione abituale,
quale ci è fornita dal linguaggio comune;
tuttavia anche senza aver precisato il termine in modo rigoroso,
la nozione di "modello" richiede che si sia stabilito,
in modo più o meno esplicito e preciso,
il concetto di teoria come sistema puramente formale,
e quindi in particolare richiede che si sia acquisito
il concetto della Geometria come sistema ipotetico-deduttivo.
Infatti per giungere alla nozione di modello
occorre concepire le proposizioni di una teoria
come delle proposizioni del tutto "vuote"
ed occorre considerare i nomi degli enti
che si presentano come dei puri "segna-posti",
destinati soltanto a distinguere un ente dall'altro
e a chiarirne le proprietà attraverso quel procedimento
che viene chiamato di "definizione implicita".
In tal modo la teoria è passibile di applicazione a diversi oggetti concreti,
senza specificarne alcuno.
In particolare per giungere
alla dimostrazione della compatibilità delle Geometrie non-euclidee
è stato necessario ricorrere a dei "modelli"
nei quali le parole "punto", "retta", "piano" ed altre
(insomma le parole abituali della Geometria)
avessero significati diversi da quelli abituali
e si riferissero ad altri oggetti,
diversi da quelli che la abitudine plurisecolare
aveva considerato come designati dalle parole stesse.
Ne è scaturita sostanzialmente
la verifica di una coerenza formale di certe teorie
che prima si adattavano male
ad essere interpretate dalla immaginazione abituale.
Va tuttavia ricordato che questo procedimento
(e quindi la implicita nozione di sistema puramente formale)
era già stato elaborato in Geometria proiettiva,
con quella che viene abitualmente indicata come "legge di dualità";
precisamente si era già osservato che
le proposizioni della Geometria proiettiva conservano validità
quando si scambino tra loro,
mediante opportune leggi che non stiamo a ripetere qui,
certe parole che costituiscono gli enunciati di teoremi
e le loro dimostrazioni.
In altri termini
già la Geometria proiettiva aveva messo in evidenza
il fatto che le parole con le quali si enuncia una teoria
possono anche non designare univocamente oggetti determinati;
pertanto era diventata ovvia la osservazione che
altra era la questione della verità degli enunciati
(intesa nella accezione comune di rispondenza alla realtà
esistente fuori di noi)
altra la nozione di coerenza logica della teoria in sé.
5. In conseguenza della crisi logica ed epistemologica
che abbiamo cercato di presentare brevemente,
la Geometria viene oggi considerata in modo essenzialmente diverso da quello
in cui era concepita secondo la impostazione classica,
cioè viene concepita come sistema ipotetico-deduttivo.
Secondo questa concezione
le proposizioni iniziali (gli "assiomi") non vengono più enunciate
10#
con la pretesa che siano assolutamente apodittiche
e accettate in forza della loro evidenza;
perché tale "evidenza" sarebbe fornita dalla osservazione
delle proprietà fondamentali di un certo ipotetico oggetto
per es. "lo spazio geometrico" che non può esistere
(almeno come lo si pensava secondo le concezioni classiche),
perché ammetterebbe delle teorie contradditorie.
Quindi gli assiomi sono enunciati semplicemente come "ipotesi"
che servono a fondare la trattazione successiva.
La scelta di tali assiomi è, a rigore, arbitraria,
salve certe condizioni di cui diremo subito.
Di fatto tuttavia, se si vuole che la teoria che si costruisce
11#
possa ancora con qualche legittimità chiamarsi Geometria,
cioè abbia una certa continuità storica con la teoria
che durante i secoli è stata chiamata con questo nome,
gli assiomi vengono suggeriti dalle esperienze
che noi compiamo nello spazio e con gli enti estesi.
Tuttavia è soprattutto importante che
questi assiomi siano soltanto suggeriti dalla esperienza,
non imposti dalla evidenza di questa come non refutabili.
6. Va tuttavia osservato che
la concezione della Geometria come sistema ipotetico-deduttivo
pone in essere il gravissimo problema di garantire
la non contradditorietà delle proposizioni iniziali (assiomi),
assunte come ipotesi di ragionamento,
sulle quali si basa tutta la trattazione successiva.
La non esistenza infatti di una realtà oggettiva
che imponga con la sua evidenza i contenuti delle proposizioni iniziali
toglie la garanzia di coerenza interna di queste proposizioni;
rimane quindi il dubbio fondamentale che queste proposizioni,
anche se visibilmente non contengono contraddizioni palesi,
siano però tali da dar luogo a contraddizioni
quando se ne deducano delle conseguenze in numero adeguato.
È questa, per esempio, la posizione presa da G. Saccheri S.J.
il quale, volendo dimostrare la validità
del postulato euclideo della parallela,
procedette per assurdo,
supponendo valida la negazione del postulato stesso
e procedendo poi alla deduzione di tante conseguenze
quante a suo parere bastavano per giungere ad una conclusione
che egli considerava come assurda.
In altro campo, ma con lo stesso spirito,
anche le dimostrazioni della compatibilità logica
delle Geometrie non-euclidee
sono state conseguite con la costruzione di "modelli" di tali Geometrie,
come si è detto ripetutamente;
in altre parole, si è escogitata, nell'universo della Matematica,
una "realtà" che potesse "riempire" le teorie costruite
e pertanto garantisse, con la sola ostensione del fatto,
la compatibilità delle teorie stesse.
Si deve subito osservare che con questa operazione
il problema viene soltanto spostato
e che il procedimento non può essere ripetuto indefinitamente;
si è quindi condotti ad un certo momento
a domandarsi di garantire la validità di ogni ragionamento della Matematica
e la fondatezza delle basi stesse di questa scienza.
7. Il nuovo modo di concepire la Geometria,
come sistema ipotetico-deduttivo,
conduce necessariamente con sé anche
un nuovo modo di considerare la definizione degli oggetti della Geometria.
A questo proposito può essere molto interessante
il confronto tra le proposizioni
con le quali iniziano gli Elementi di Euclide e i Grundlagen di D. Hilbert;
questo confronto dà l'idea della distanza
che intercede tra le due trattazioni ed i due modi di concepire la Geometria.
Come è noto, gli Elementi di Euclide iniziano con la famosa frase:
"Il punto è ciò che non ha parte".
L'analisi del significato di questa frase ha dato luogo a discussioni
che sono iniziate fino dall'epoca della Geometria greca;
tuttavia molti sono stati coloro che hanno considerato
questa frase come una definizione del punto,
in linea con il canone classico
che voleva che si definisse all'inizio di una teoria
l'oggetto della teoria stessa.
La trattazione di D. Hilbert inizia con la ben nota "spiegazione" che dice:
12*
"Consideriamo tre sistemi di oggetti:
chiamamo punti gli oggetti del primo sistema ... ecc.".
È evidente che in questa impostazione si rinuncia del tutto
a precisare la natura delle cose che si prendono in considerazione;
o meglio ancora, si rinuncia a precisare tale natura all'inizio del discorso;
essa viene precisata, ma non univocamente,
dagli assiomi che vengono enunciati
e non dai nomi che vengono dati alle cose
né da un richiamo alla esperienza ed alla realtà esteriore.
A ben guardare questo atteggiamento si tiene anche
quando si inventa un gioco, per es. un gioco di carte;
invero in questo caso la "vera natura" delle carte
viene precisata dalle regole di gioco,
più che dalle figure stampate sulle carte stesse:
è evidente infatti che la carta segnata Q è diversa
a seconda che si giochi per es. a bridge piuttosto che a poker;
la sua "vera" natura è precisata dalle regole del gioco che si vuole giocare;
la sua definizione quindi
è data implicitamente dalla enunciazione delle regole del gioco
e non da una frase che ne precisi la natura "per genus et differentiam"
come volevano le regole della logica classica.
In questo ordine di idee quindi
quell'ente chiamato "retta" dalla Geometria euclidea
non è lo stesso ente chiamato con lo stesso nome dalla Geometria non-euclidea
e ciò per la semplice ragione che
gli assiomi dell'una sono diversi dagli assiomi dell'altra Geometria;
e sono precisamente gli assiomi che ci dànno
le "regole del gioco" con questi "enti"
13#
che chiamiamo con i nomi della Geometria classica.
Tali assiomi dànno la definizione implicita degli enti che trattiamo,
così come le regole del gioco di carte dànno di volta in volta
la definizione implicita delle carte che si usano nel gioco.
8. A questo punto si presenta spontaneamente
il problema del valore di conoscenza che può avere una teoria la quale
--- come la Geometria nell'aspetto secondo cui la presentiamo qui ---
si pone come "gioco" logico,
alla stregua di un divertimento fatto con le carte o con gli scacchi.
14+
A questo proposito va detto che,
accanto a un aspetto di "gioco" o di sistema ipotetico-deduttivo
di cui abbiamo parlato,
la Geometria ha anche l'aspetto di teoria scientifica
per la conoscenza della realtà fisica;
in questo senso abbiamo detto poco sopra
che gli assiomi si accettano come assiomi geometrici
in quanto suggeriti dalle osservazioni
15+
che noi facciamo sull'universo che ci circonda.
Tuttavia non si accettano tali assiomi
come imposti dalla realtà con una sua "evidenza",
né si pretende con le proposizioni enunciate
di esaurire tutta la possibile conoscenza della realtà fisica.
In questo ordine di idee quindi
16# 17*
la Geometria si presenta come "Primo capitolo della Fisica",
secondo una arguta definizione.
Ma sotto questo secondo aspetto,
pur avendo un indubbio valore conoscitivo,
essa è sottoposta a tutte le limitazioni che hanno le teorie fisiche:
in particolare e in primo luogo
i suoi concetti sono tali da rendere la realtà
18#
soltanto in misura necessariamente approssimata.
Per fare un esempio e per fissare le idee
possiamo ricordare che,
come è chiaro anche dalla etimologia della parola "Geometria",
questa dottrina può servire per descrivere e per inquadrare logicamente
le nostre esperienze che riguardano per es. la figura della Terra.
Ma in questo campo avviene
per es. che nell'ordine di approssimazione di qualche km quadrato
e per i fini della Topografia,
la superficie terrestre venga descritta mediante lo schema astratto
della figura geometrica che viene chiamata "piano"
19#
mentre è ben noto che la superficie della Terra non è applicabile sul piano.
Eppure nessuno trae scandalo
dal fatto che si usino delle "carte topografiche";
queste sono ovviamente errate,
nel senso che non rendono tutta la realtà che vogliono rappresentare
(nella fattispecie una parte della superficie terrestre)
ma sono sufficientemente approssimate per l'uso che se ne vuole fare,
perché gli errori che si commettono sono ampiamente trascurabili.
9. Ciò che abbiamo detto fin qui non vuole avere come conseguenza
la estromissione della Geometria dal novero delle scienze,
per relegarla definitivamente nel paese dei giochi e delle fantasticherie;
il nostro discorso invece vuole dare alla Geometria il posto che le spetta,
sottraendole quel falso carattere di certezza e chiarezza
che alcuni ancora le attribuiscono.
Infatti la certezza conseguita "more geometrico"
è semplicemente rigore di deduzione dalle proposizioni primitive,
e non vuole in alcun modo essere certezza inconfutabile
nei riguardi della realtà fisica.
Vogliamo infine osservare
20-
che la caratteristica della Geometria come sistema formale ipotetico-deduttivo
ha dato la spinta alla analisi di tutte le implicazioni
che derivano dalle possibili scelte di assiomi,
scelte divenute consapevolmente arbitrarie,
anche se sottoposte alla garanzia di incontradditorietà.
Questa analisi ha portato alla costruzione di quelle
che vengono chiamate le "Geometrie-non".
Questi sistemi teorici,
21+
che in senso lato vengono chiamate "Geometrie",
sono stati costruiti negando qualcuna delle proposizioni iniziali
della Geometria euclidea oppure della Geometria proiettiva classica.
Abbiamo così
le Geometrie non archimedee,
le Geometrie non pascaliane,
22#
le Geometrie non desarguesiane,
le Geometrie finite
e così via.
Occorre rilevare che queste costruzioni non hanno affatto
il carattere di puro "divertimento" logico
che qualcuno potrebbe attribuire loro,
in base ad una impressione superficiale ed ad una analisi affrettata.
Invero da una parte esse costituiscono
uno degli aspetti della analisi logica della Geometria,
mettendo in evidenza fino al fondo le conseguenze
che si possono trarre dalla ammissione o dalla negazione di certe premesse
e la equivalenza logica di alcuni enunciati
che appaiono distanti tra loro.
D'altra parte il loro studio ha costituito uno stimolo importante
per mettere in evidenza quella stretta interdipendenza tra la Geometria
(o meglio le varie Geometrie)
e le strutture algebriche
che è una delle basi della impostazione attuale della Matematica
e che era stata intuita da F. Klein.
È questo un ulteriore esempio del fatto che la Geometria,
anche se appare smembrata come dottrina
(quando sia vista con i canoni euclidei),
anche se appare a qualcuno destituita del suo trono
di scienza inconfutabile e assolutamente certa
(quando sia vista con i canoni di un ingenuo fisicismo geometrizzante)
è tuttavia in grado di fornire preziose idee alle altre scienze.
Ritorneremo su questo argomento nella terza parte di questa presentazione;
ci basti qui ricordare che la crisi della Geometria
ha preceduto ed originato la crisi di una certa mentalità,
che si potrebbe chiamare euclideo-newtoniana,
la quale nutriva (in modo più o meno cosciente)
la ingenua pretesa
di rendere tutta la realtà con la massima precisione:
oggi il fisico non pretende di dare valore assoluto alle sue teorie,
ma le adotta in quanto adeguate a rendere certi aspetti della realtà
e le riforma o le abbandona senza rimpianti
quando gli appaiono inadeguate per rendere la massa dei risultati sperimentali.
Non si pretende più che la scienza si amplii
crescendo soltanto di mole
e conservando indefinitamente la propria struttura,
così come non si pretende più
che la Geometria sia semplicemente una deduzione indefinita da certi assiomi
--- quelli di Euclide ---
che si pongono come verità inconfutabili.
La evoluzione della scienza ci appare oggi come molto più plastica
e molto più umile.
E se anche questa sola fosse la lezione che la Geometria ha dato alla scienza,
ciò basterebbe, a parere di chi scrive,
per conferirle un ruolo
23#
la cui importanza non sarà mai sufficientemente nota.
II. Il programma hilbertiano e i fondamenti della Geometria
1. Nella crisi della Matematica,
che abbiamo poco sopra brevemente descritta,
ed in particolare nella crisi della Geometria,
l'opera e la figura di Hilbert si pongono con un rilievo particolare,
a causa della statura dell'uomo,
tanto come matematico che come logico.
24*
Non stiamo qui a spendere parole per ricordare
la figura di Hilbert come matematico
e le sue ricerche di Analisi matematica, di Algebra e di Teoria dei numeri.
Vorremmo invece soffermarci sulla sua figura di logico matematico
perché ad essa è strettamente collegata l'opera dei Grundlagen
e la impostazione di essi.
Abbiamo visto prima che la crisi della Geometria
ed in generale della Matematica del secolo XIX
aveva posto dei gravissimi problemi di logica.
Non a caso fiorisce proprio all'inizio del secolo XX
25*
l'opera di grandi matematici (G. Peano, G. Frege)
i quali sondano i fondamenti della Aritmetica
e cercano di stabilire la Matematica su basi inconfutabili;
non a caso troviamo che questi grandi ricercatori
costruiscono linguaggi simbolici,
per evitare i tranelli del linguaggio comune
e per ottenere il massimo rigore nelle dimostrazioni e nelle deduzioni.
Pertanto non vi è da stupirsi se la via percorsa da Hilbert come logico matematico
passa anch'essa dallo studio di un linguaggio simbolico,
che oggi è usato ancora largamente.
2. Come vedremo,
la garanzia della compatibilità logica dei postulati di un certo gruppo
è data da Hilbert ogni volta costruendo dei modelli,
presi da altri rami della Matematica.
Ma abbiamo già osservato che, così facendo,
si ottiene un procedimento che rimanda, per così dire,
la responsabilità di garantire la compatibilità dei postulati della Geometria
alla constatazione della compatibilità logica dei fondamenti
e dei procedimenti dell'Algebra e dell'Aritmetica.
Abbiamo anche detto che ovviamente
non si può istituire un procedimento infinito, su queste basi:
occorre quindi ad un certo punto fermarsi e cercare un punto di appoggio.
È pure noto che nella loro maggior parte
i procedimenti dell'Analisi matematica
(per es. quelli che rendono rigoroso il concetto di "continuo geometrico")
fanno uso di insiemi infiniti e di procedimenti infiniti;
questi concetti e questi procedimenti vennero sottoposti a critica
e pertanto la struttura della Analisi matematica classica,
che su di essi si basava, venne contestata.
Da questa problematica,
riguardante i fondamenti dell'Aritmetica e dell'Analisi matematica,
nacque il programma hilbertiano di costruzione di una "Beweistheorie"
(o "Teoria della dimostrazione");
benché sia presuntuoso cercare in poche righe
di dare un'idea di ciò che si intende indicare con questa espressione,
diremo, in poche parole ed in termini grossolani,
che si trattava di costruire un sistema di procedimenti logici
che giustificassero i procedimenti matematici classici
e che fossero atti a farsi giustificare, da parte loro,
con procedimenti finiti,
assolutamente al riparo da ogni critica:
invero ogni procedimento logico
che possa provare la propria compatibilità con un numero finito
e concretamente eseguibile di esperimenti concreti
poteva venire accettato
26#
e considerarsi al di sopra delle critiche
allora avanzate dai matematici e dai logici.
Si trattava, in altre parole, di costruire una metamatematica,
cioè una metateoria che avesse per oggetto la Matematica
ed i suoi procedimenti
e che procedesse da parte sua in modo assolutamente inattaccabile.
È noto che il progetto di costruzione di una "Beweistheorie",
27+
che formava gran parte del programma di Hilbert
sulla ricerca dei fondamenti della Matematica,
fu vanificato da K. Gödel con la dimostrazione di un classico Teorema.
Rimane tuttavia il fatto
che la scuola hilbertiana di logica si sviluppò rigogliosa
e che prima di lasciar cadere il programma della "Beweistheorie"
ebbe modo di dare frutti copiosi.
3. Prima di iniziare l'analisi dei Fondamenti
vale la pena di fare qualche altra breve osservazione
che ha qualche attinenza con la genesi psicologica dei concetti della Geometria.
È stato infatti osservato che la Geometria euclidea,
da questo punto di vista,
presenta un aspetto quanto mai composito,
perché utilizza, senza alcuna graduazione e senza distinzione,
delle idee che nascono da esperienze concrete
28# 29#
le quali hanno contenuti psicologici talvolta molto distanti tra loro.
Invero già a proposito della Geometria proiettiva
(che da uno dei suoi fondatori e precisamente G.K.C. v. Staudt
era stata chiamata "Geometrie der Lage", cioè "Geometria di posizione")
era stato osservato che vi sono dei concetti geometrici
(tipici i concetti di appartenenza
che fondano almeno in parte la Geometria proiettiva),
che possono essere fatti risalire a sensazioni di tipo visivo
(benché ovviamente idealizzate con una ulteriore elaborazione fantastica).
30#
Altri concetti invece, come quello di uguaglianza,
traggono la loro origine da sensazioni molto composite,
che ci provengono dalle esperienze sul trasporto dei corpi rigidi
o meglio di quei corpi che
sotto lo sforzo muscolare da noi effettuato
31*
non cambiano sensibilmente di forma e di dimensione
e che pertanto portano alla elaborazione della idea di "corpo rigido",
sulla quale lavora poi la Meccanica razionale.
Forse una traccia di questa osservazione e di altre analisi
può essere trovata nella suddivisione che Hilbert fa
32*
dei suoi assiomi in 5 gruppi,
procedendo da quegli assiomi i quali riguardano delle idee
che nascono da sensazioni visive
e che quindi potrebbero essere atti a costruire la Geometria proiettiva,
alle idee che nascono da sensazioni più composite,
che nascono da esperienze di trasporto
e che quindi conducono a quella
che viene abitualmente chiamata Geometria elementare
ovvero Geometria metrica.
In sintesi, si potrebbe dire che
nella presentazione dei fondamenti della Geometria
Hilbert sceglie una strada
che è quella che si discosta il meno possibile dalla trattazione classica,
pur tenendo conto dello stato della critica ai suoi tempi.
La sua aderenza alla trattazione euclidea,
insieme con l'uso del linguaggio comune nella esposizione e nelle deduzioni,
distingue quindi la sua trattazione da quelle della scuola italiana
(ricordiamo quelle di G. Pieri e di B. Levi)
che in certo senso si potrebbero giudicare superiori
come semplicità, eleganza e rigore formale.
33*
E questa circostanza è forse una delle ragioni
che giustificano la diffusione e la "classicità" ormai accettata,
dell'opera hilbertiana.
4. Gli assiomi del primo gruppo vengono da Hilbert chiamati
"Assiomi di collegamento";
ad essi Hilbert premette quella "Spiegazione"
di cui abbiamo già parlato,
che in sostanza stabilisce esplicitamente
la rinuncia a dare la definizione degli enti, nel senso classico,
ed invece imposta la definizione implicita degli enti stessi,
per mezzo degli assiomi che verranno enunciati in seguito.
Gli otto assiomi di collegamento caratterizzano sostanzialmente
la relazione di appartenenza di punti, rette e piani
nello spazio tridimensionale.
La loro compatibilità è garantita dalla constatazione del fatto
che questi assiomi possono trovare la loro interpretazione
in un modello costruito mediante elementi di un campo numerico
(per es. il campo razionale).
Come abbiamo già ripetutamente osservato,
abbiamo qui non una soluzione del problema,
ma semplicemente un rimando,
uno "scaricamento" del problema stesso
sulla compatibilità degli assiomi che fondano l'Algebra e l'Analisi
ed in definitiva l'Aritmetica.
Gli assiomi del secondo gruppo vengono da Hilbert chiamati
"Assiomi di ordinamento".
Sostanzialmente mediante questi assiomi
si dà la definizione implicita della relazione
che collega un punto che sta su una retta "fra" altri due.
Dalla enunciazione di questi assiomi
Hilbert deduce anche il fatto che su una retta ci sono infiniti punti
e esclude così dalla sua costruzione
il caso delle cosiddette "Geometrie finite".
Si collegano poi, mediante un opportuno assioma,
le proprietà della retta e le proprietà del triangolo;
si ottiene così anche la trattazione delle proprietà conseguenti
la divisione
del piano in due semipiani mediante una retta,
e dello spazio in due semispazi mediante un piano.
Gli assiomi del terzo gruppo vengono chiamati
"Assiomi di congruenza";
viene caratterizzata anzitutto la congruenza tra coppie di segmenti,
poi la congruenza tra coppie di angoli;
infine viene dato un assioma
che collega la congruenza tra segmenti e quella tra triangoli,
il che permette sostanzialmente di costruire
quella parte della Geometria elementare abituale
che si riferisce
ai cosiddetti "criteri di uguaglianza dei triangoli",
agli angoli retti,
alla determinazione del punto medio di un segmento,
alla costruzione della bisettrice (interna) di un angolo
ed alle conseguenze di queste costruzioni.
34*
Il quarto gruppo di assiomi è costituito dall'unico
assioma euclideo delle parallele.
35* 36#
Il quinto gruppo di assiomi contiene due assiomi:
quello detto "di Archimede" e quello della continuità.
Come è noto l'assioma di Archimede deve necessariamente essere enunciato
se si vuole mantenere validità
a molte dimostrazioni fondamentali della Geometria elementare,
ed Hilbert dedicherà un capitolo apposito (il IV)
alla analisi del ruolo
che l'assioma stesso
ha nelle dimostrazioni riguardanti la equivalenza di poligoni
e quindi la possibilità di definire il concetto di "area" di una figura piana.
L'assioma di continuità viene da Hilbert enunciato in una forma
che può essere considerata come inconsueta per il lettore italiano.
Invero nella trattatistica italiana abituale
il concetto di continuità viene presentato facendo ricorso
ad uno dei due classici enunciati, di G. Cantor o di F. Dedekind.
È pure noto che mentre la proposizione di Dedekind
permette di dimostrare la proposizione di Archimede
e quindi di presentarla non più come assioma ma come teorema,
la proposizione di Cantor permette di dedurre la proposizione di Dedekind
soltanto quando sia stato enunciato anche l'assioma di Archimede.
Abbiamo detto che l'assioma di continuità
è enunciato da Hilbert
in forma in certo modo inconsueta,
perché egli enuncia
la non ampliabilità dell'insieme di elementi (punti) della retta,
che soddisfano a certi assiomi precedentemente enunciati.
Per comprendere il significato di questo enunciato,
e ricondurlo a quelli più abituali per il lettore italiano,
basta pensare che la costruzione dei numeri reali,
per esempio, mediante classi contigue o mediante successioni di Cauchy,
o mediante partizione della retta razionale,
conduce ad un effettivo ampliamento del campo dei numeri razionali,
ampliamento che non è più conseguibile con gli stessi mezzi
37-
quando invece di partire da numeri razionali si parta da numeri reali:
sussiste infatti il teorema che afferma
per es. che una successione di Cauchy di numeri reali ha sempre un limite (reale)
oppure che, considerata una partizione del campo reale,
una delle due classi ed una sola delle partizioni ha un massimo
(oppure rispettivamente un minimo)
e l'altra ha un estremo inferiore
38-
(oppure rispettivamente un estremo superiore).
Alla enunciazione degli assiomi nei vari gruppi
ed alla deduzione delle prime conseguenze
Hilbert fa seguire la constatazione della compatibilità degli assiomi stessi
e della indipendenza degli assiomi di ciascun gruppo da quelli
dei gruppi precedenti.
La tecnica con la quale questa dimostrazione viene conseguita
è quella di cui abbiamo già detto,
cioè si riduce alla constatazione della esistenza di modelli,
costruiti facendo ricorso ad elementi presi da altri campi della Matematica.
Precisamente quando si sia costruito un modello
che soddisfa agli assiomi di un certo gruppo
e non a quelli dei gruppi successivi
si è constatata la compatibilità degli assiomi del primo
e la indipendenza dei successivi da quelli precedenti.
39*
Rinunciamo ad analizzare partitamente tutti i capitoli dell'opera;
ricordiamo soltanto, come particolarmente interessante,
la analisi che Hilbert fa dei "calcoli" di segmenti,
che egli costruisce ammettendo o non ammettendo la validità di teoremi
che vengono chiamati di Pascal o di Desargues;
e la analisi delle strutture algebriche che ne scaturisce come conseguenza.
Ricordiamo anche che
40*
le successive edizioni dell'opera sono state arricchite
da varie appendici e complementi
che sostanzialmente rientrano nel programma hilbertiano
di costruzione della "Beweistheorie" di cui abbiamo parlato.
41+
Tuttavia, come abbiamo già osservato,
la esposizione di Hilbert viene data in modo non formalizzato;
in altre parole
per la presentazione dei concetti viene usato il linguaggio comune
e viene presupposta la logica comune
(chiamiamola per intenderci "logica classica");
non è dato quindi un sistema di notazioni formali,
né è enunciato un sistema di assiomi logici e di regole di inferenza
secondo i canoni della logica matematica moderna.
In breve, le questioni logiche sottostanti sono soltanto sfiorate,
anche se, come abbiamo cercato di mostrare, restano nello sfondo
e costituiscono sostanzialmente la motivazione di tutta l'opera.
III. La visione moderna della Geometria nell'ambito del pensiero matematico
1. Abbiamo detto che i "Fondamenti" di Hilbert si presentano
come un'opera ormai classica,
nella quale l'Autore ha trovato modo di conciliare i dati della critica
con una trattazione della Geometria elementare
che si discostasse di poco dalla linea classica euclidea.
Abbiamo tuttavia anche osservato che
i "Fondamenti" non sono totalmente formalizzati:
in essi viene usato il linguaggio comune
e viene applicata la logica abituale,
senza precisazione di leggi di inferenza e di assiomi logici;
infine viene presupposto tutto un patrimonio di conoscenze matematiche
per le dimotrazioni di indipendenza e di compatibilità degli assiomi.
Tuttavia l'opera non si riduce
alla ricostruzione degli "Elementi" di Euclide
42*
secondo i canoni della critica recente:
nei capitoli nei quali presenta le cosiddette "Geometrie-non"
Hilbert inizia in certo senso una corrente di pensiero e di ricerca
che stabilisce un interessante parallelo
tra le strutture algebriche e le varie Geometrie.
In questo senso si potrebbe dire che l'opera di Hilbert
chiude una certa epoca della storia della Geometria e ne apre un'altra,
che conduce sostanzialmente alla Geometria di oggi.
È ben noto che, secondo certe correnti di pensiero,
la Geometria come scienza deve essere considerata morta.
Non si può dare torto a chi pronuncia condanne di questo genere,
se si intende la Geometria nel senso in cui era intesa dai classici;
ma questa Geometria --- potremmo dire ---
è già morta di morte naturale con la crisi che abbiamo descritta.
E se fosse ancora in vita, morirebbe certamente,
a causa di tutte le estensioni
che il vocabolo "Geometria" ha avuto negli ultimi decenni.
Invero abbiamo avuto una Geometria degli iperspazi,
che ovviamente era basata su estensioni formali di linguaggio,
ma senza la pretesa di rendere una certa realtà fisica esistente;
abbiamo avuto una Geometria algebrica,
che era sostanzialmente una traduzione con linguaggio geometrico
delle proprietà di certe funzioni di variabile complessa.
43+
I cultori della Geometria algebrica, tuttavia, avvertivano esplicitamente
44+
che il linguaggio geometrico non era soltanto un pretesto
per rendere in forma intuitiva le proprietà di cui parlavano,
ma che tale modo di esprimersi costituiva anche un fortissimo aiuto
per la scoperta delle proprietà e per la loro visualizzazione.
Analoghe considerazioni si potrebbero fare
a proposito delle varie "Geometrie-non".
Volendo sintetizzare ciò che abbiamo detto fin qui
in forma abbastanza pittoresca,
si potrebbe dire che la Geometria è morta quando sono nate "le Geometrie".
2. Vorremmo tuttavia osservare come oggi appaia chiaro
che la Geometria euclidea classica fosse in stretto parallelismo
con la struttura algebrica del campo reale.
In questo ordine di idee quindi si potrebbe dire
che lo studio di strutture algebriche diverse
ha segnato in certo senso la morte della Geometria tradizionale,
ma ha dato luogo alla nascita di altre specie di Geometrie.
In questo senso anche l'opera di Hilbert,
con il mettere in evidenza lo stretto collegamento
tra la scelta degli assiomi delle Geometrie
e le strutture algebriche che ne conseguono,
e con il mettere in evidenza le caratteristiche algebriche
45+
dei "calcoli" di segmenti che scaturiscono dalle "Geometrie-non",
ha un sapore di grande modernità;
essa infatti costituisce un grande passo sulla strada
che porta ad abbandonare la vecchia concezione della Geometria
fondata su esperienze traducibili con le strutture del campo reale,
per fondare direttamente sulle strutture algebriche il processo logico
che costruisce la Geometria.
3. La Matematica di oggi ha visto lo sviluppo di due grandi rami,
l'uno classico e l'altro relativamente nuovo;
vogliamo parlare dell'Algebra e della Topologia.
Per quanto riguarda quest'ultima,
essa ha avocato a sé lo studio del concetto di continuità,
che era considerato una volta campo della Geometria,
ed ha conferito a questo studio una grande generalità,
una estrema eleganza formale.
Il linguaggio adoperato da questa dottrina è ancora geometrico:
si parla di "spazi" e di "punti",
ma ovviamente il riferimento agli enti una volta studiati dalla Geometria
è puramente verbale:
i "punti" di uno spazio topologico possono essere per esempio delle funzioni,
e per quanto riguarda il concetto di "continuità"
esso ha perso il necessario riferimento al fatto della "vicinanza" spaziale
che faceva appello alla intuizione
ed alla esperienza rielaborata dalla immaginazione.
Invero, una volta stabilita
la nozione di "copertura" di uno spazio mediante insiemi "aperti",
la nozione di continuità di una corrispondenza tra due spazi
viene stabilita con la richiesta
che la antiimmagine di un aperto sia ancora un aperto.
Questa nozione comprende dentro di sé
quella stabilita dalla Analisi matematica classica,
nel senso che per gli spazi topologici
che siano anche in particolare spazi metrici
questa nozione di continuità
si ricollega con la nozione classica di "vicinanza".
Tuttavia la nozione stessa è passibile di una estrema generalizzazione,
nella quale ovviamente la nozione classica scompare.
È interessante tuttavia osservare che la Topologia,
in certi suoi rami,
riprende la tradizione della Geometria classica,
per utilizzare le nozioni ed i concetti che le sono offerti dall'Algebra;
tuttavia queste nozioni provengono pure dall'Algebra più moderna.
4. Come conseguenza della esistenza dei nuovi rami
che si sono sviluppati nella Matematica,
abbiamo oggi delle correnti di pensiero che vorrebbero vedere nella Geometria
soltanto un modello di certe strutture algebriche,
e vogliono che si distingua, anche nell'insegnamento,
quanto è dovuto alle strutture stesse
e quanto invece è dovuto alla Topologia.
Pertanto oggi è solitamente studiato anzitutto lo spazio
in quanto modello di uno spazio vettoriale,
costruito sul campo reale o sul campo razionale.
In questo studio (volendo utilizzare la nomenclatura classica)
si ottengono le proprietà affini dello spazio,
cioè quelle che riguardano le nozioni
46+
di allineamento, di appartenenza, e di parallelismo,
con esclusione delle nozioni
che riguardano la misura dei segmenti e degli angoli,
intesa come invariante rispetto al gruppo dei movimenti rigidi.
Queste ultime proprietà vengono conseguite in un secondo tempo,
insieme con le proprietà topologiche.
Insomma si cerca di realizzare quell'ideale di scienza geometrica
47# 48*
che un matematico contemporaneo ha sintetizzato
con la frase, abbastanza pittoresca:
"À bas le triangle, à bas Euclide!".
Tutto ciò ha sapore di grande eleganza e di grande semplicità logica,
perché si va dallo studio dell'Algebra, considerato come prioritario,
alle illustrazioni geometriche delle strutture algebriche,
di volta in volta sempre più complesse.
È lecito tuttavia nutrire qualche dubbio
sulla efficacia didattica di questa impostazione
ed in fin dei conti anche sulla opportunità di demolire una struttura
che è anziana di secoli
e la cui sopravvivenza nei secoli ha pure un qualche significato.
Infatti è ben vero che la trattazione euclidea,
come ci siamo sforzati di mettere in evidenza,
parte da esperienze composite,
che vengono idealizzate e schematizzate in vari modi,
a seconda delle sensazioni a cui esse fanno riferimento.
Si potrebbe tuttavia osservare
che certe esperienze concrete possono avere carattere composito
se considerate dal punto di vista della logica pura
e possono invece essere considerate come molto elementari
se giudicate dal punto di vista della psicologia:
per fare un esempio,
la esperienza che si fa trasportando un regolo rigido per misurare un segmento,
e che viene considerata come elementare,
sarebbe forse considerata più complicata
se si imponesse al segmento stesso la limitazione di muoversi
soltanto "scorrendo" su una retta,
invece di lasciar libero l'operatore di muoverlo
comunque nello spazio a suo piacere;
considerazioni abbastanza simili si possono fare
a proposito della verifica del fatto che certi punti sono allineati,
oppure certi altri appartengono ad un unico piano.
Considerazioni analoghe potrebbero essere fatte
a proposito della scelta degli assiomi.
Invero non è sempre detto che quegli assiomi
che appaiono come i più semplici dal punto di vista della logica
siano i più facilmente accettati dalla intuizione.
In questo campo la ricerca dell'equilibrio è spesso un problema
che si risolve non soltanto con la logica,
ma anche con il gusto e con l'esperienza.
Si potrebbe addirittura dire che esistono delle "mode" in Matematica,
pur senza voler dare al termine "moda"
il carattere di criterio puramente estetico e irrazionale
che si suole attribuire all'espressione analoga nel linguaggio comune.
Le "mode" dei matematici conseguono molto frequentemente alle scoperte geniali,
ed alla impostazione elegante di qualche problema data da qualche autore;
e del resto anche l'aggettivo "elegante"
dato a qualche teoria o a qualche risultato
fa capire quanto sia grande l'importanza della psicologia nella ricerca,
anche in una scienza
che sembrerebbe il paradigma della astrattezza fredda e del rigore scostante.
Di eleganza la Geometria,
intesa nel senso classico o nel senso più moderno,
non ha mai mancato;
anzi la trattazione dei problemi matematici dal punto di vista geometrico
è sempre stata particolarmente efficace ed attraente
proprio per quel carattere di semplicità, di immediata intuibilità,
e per la facilità
con la quale permette spesso di superare calcoli tediosi
o ragionamenti complicati.
Pertanto giustamente gli autori più moderni,
mentre proclamano la morte della Geometria come scienza,
ne riconoscono tuttavia contemporaneamente
la insuperabile capacità di suggestione per la ricerca.
E ciò conferma del resto che la Geometria in ogni suo campo
ha mantenuto quel carattere misto di logica e di fantasia,
di rigore e di intuizione,
di deduzioni rigorose e di slancio
che le dànno il suo fascino immortale.
Carlo Felice Manara