Da Fondamenti della geometria di David Hilbert
          (Milano, Feltrinelli, 1970 - traduzione di Pietro Canetta):
          Introduzione all'edizione italiana di Carlo Felice Manara
          (pag. vii-xxiii, con variazioni e segnalazioni elencate nell'allegato)

         
          ------------------------------------------------------------------------------------------------
          L'Introduzione è in tre parti, suddivise, rispettivamente, in 9, 4, 4 sezioni.
          ------------------------------------------------------------------------------------------------
         
          Introduzione all'edizione italiana
         
          I. La crisi della Geometria nel secolo XIX ed il problema dei fondamenti della Matematica
         
                    1. Si può pensare che sia un ripetere un luogo comune l'osservare che
          la Matematica durante il secolo XIX è passata attraverso una crisi
          che ha trasformato in modo radicale il suo assetto.
          Tuttavia appare necessario ricordare questa circostanza
          quando ci si accinge a prendere in esame un'opera come i Grundlagen di D. Hilbert,
          che è ormai entrata fra i classici della Matematica.
          È inoltre abbastanza facile osservare che nella crisi della Matematica,
          di cui abbiamo detto,
          la crisi della Geometria rappresenta un punto particolarmente delicato.
          Si potrebbe individuare infatti
          nella evoluzione della Geometria durante il secolo XIX
          una delle cause della "crisi dei fondamenti" di tutta la Matematica.
                    Per spiegare meglio che cosa intendiamo dire
          quando parliamo di crisi della Geometria,
          vorremmo osservare che dall'inizio del secolo XIX alla sua fine
          troviamo compiuto un cammino di pensiero
          che si può valutare come molto più importante
          del cammino percorso durante la evoluzione di tutti i secoli precedenti.
                    Per accennare soltanto alle tappe essenziali della evoluzione di cui stiamo parlando,
          potremo ricordare che
          la lettera di Gauss (a Bessel),
          nella quale egli diceva di essere in possesso di alcuni risultati di Geometria non-euclidea
01+       ma non di volerli pubblicare perché temeva "... gli strilli dei beoti", è del 1829;
02*       l'opera di G. Bolyai (pubblicata in appendice al libro del padre, W. Bolyai) è del 1832;
          l'opera di N.I. Lobacevskij è del 1829.
          La fondamentale memoria di B. Riemann,
          che impostava su basi del tutto nuove i fondamenti della Geometria,
03*       è del 1854 (e fu pubblicata dopo la sua morte nel 1868);
          infine la interpretazione che E. Beltrami dà
          della Geometria non-euclidea del piano su una superficie a curvatura costante
          è sostanzialmente del 1866,
          e le memorie di A. Cayley
          sulla interpretazione proiettiva della Geometria non-euclidea
          sono degli anni 1859 e seguenti.
          Come è noto, queste interpretazioni confermavano
04*       la non contradditorietà della Geometria non-euclidea
          e quindi costringevano i matematici,
          anzi tutti gli uomini di scienza e di cultura,
          a guardare la Geometria sotto una luce del tutto nuova.
                    Per comprendere appieno ciò che vogliamo dire
          vale la pena di osservare che, fino alla crisi di cui parliamo,
          la Geometria era stata considerata in un certo senso
          come una scienza avente certi contenuti e certi oggetti.
          Essa esplicava il proprio rigore nell'enunciare come postulati
05#       (o assiomi che dir si vogliano)
          tutte le proposizioni che non dimostrava,
          e nel dimostrare rigorosamente in seguito tutte le altre proposizioni
          che enunciava sotto forma di teoremi.
          Tuttavia le proposizioni enunciate come "assiomi"
          erano considerate come "evidenti",
          e come prese dalla osservazione della realtà esistente di uno "spazio geometrico"
          che si pensava costituisse l'oggetto della Geometria.
                    La storia del famoso postulato
          che viene abitualmente chiamato "postulato delle parallele" di Euclide
          e dei tentativi della sua dimostrazione
          fa vedere che non esisteva il minimo dubbio
          sul fatto che esso enunciasse delle cose "vere".
                    Si pensava che la realtà osservata, con la sua esistenza, si assumesse
          --- per così dire ---
          la responsabilità di garantire della non contradditorietà dei postulati
          e sulla possibile esistenza di contraddizione degli enunciati,
          anche di quelli pronunciati senza dimostrazione.
                    Inoltre l'insieme delle proposizioni da enunciare sotto forma di postulati
          era pensato in certo modo come determinato dalla realtà e dalla sua evidenza
          e quindi non soggetto a scelte.
                    Per dire il vero la storia mostra che,
          nei tentativi di dimostrazione del postulato euclideo delle parallele,
          vari autori avevano assunto certe proposizioni
          (in modo più o meno esplicito e cosciente)
          come "più evidenti" del postulato stesso
          ed avevano tentato di dimostrare quest'ultimo come teorema.
          Questo fatto tuttavia non aveva stimolato alcun ricercatore,
          prima del secolo XIX,
06+       ad avanzare il dubbio che la scelta degli assiomi potesse,
          in certa misura almeno,
          essere libera e non determinata dalla "evidenza" di una realtà osservata.
                    Questo dubbio non aveva forse mai neppure sfiorato i geometri
          che vissero prima del secolo XIX;
          invece dovette essere preso necessariamente in considerazione
          quando la costruzione delle Geometrie non-euclidee
07*       e la dimostrazione della loro perfetta compatibilità logica
          posero il problema di precisare quale fosse l'aggancio con la realtà
          che è tipico della Geometria
          e quindi quale fosse la stabilità del fondamento di "evidenza"
          sul quale si era pensato fino ad allora di fondare tale scienza.
                    Non vogliamo addentrarci ora nella analisi
          delle dimostrazioni di compatibilità,
          ma ci limitiamo ad osservare che alcune di esse
          presentano un aspetto molto interessante che è dato dal fatto
          che esse sono basate sulla costruzione di "modelli" immersi in un ambiente euclideo.
          Di conseguenza si potrebbe dire che la stessa Geometria euclidea,
          quando sia supposta valida,
          fornisce gli strumenti per dimostrare
          che essa non è la sola Geometria che si può costruire.
         
                    2. È immediato osservare che la crisi della Geometria,
          di cui abbiamo detto sommariamente,
          non si limitava a questa scienza,
          ma tendeva a coinvolgere tutta la Matematica,
          perché poneva il problema di determinare
          che cosa fosse veramente l'oggetto di una teoria matematica
          e come questa dovesse essere considerata dal punto di vista epistemologico.
                    Invero quello che veniva a cadere, con la crisi della Geometria,
          era il concetto di un oggetto specifico di questa scienza,
          perché ovviamente se esiste un oggetto ben determinato
          e se è possibile fare una scienza di esso,
          questa deve risultare coerente;
          se invece è possibile costruire
          delle teorie diverse e contradditorie di un medesimo "oggetto"
          allora è legittimo il dubbio che tale oggetto non abbia una esistenza,
          almeno nella accezione comune del termine.
                    Ora, se si mette in dubbio l'esistenza di un oggetto della Geometria,
          viene a cadere di conseguenza la sicurezza
          che tale oggetto garantisca la incontradditorietà dei postulati
          che si assumono come iniziali per lo svolgimento della scienza;
          e viene anche a cadere la convinzione che l'insieme di postulati sia
          --- per così dire ---
          determinato dalla evidenza della osservazione.
                    La situazione di grave crisi nasceva quindi dal fatto
          che era assolutamente necessario
          assumere un nuovo atteggiamento nei riguardi della Geometria
          e che tale atteggiamento doveva necessariamente prendere le mosse
          dalla constatazione della impossibilità di mantenere la concezione classica.
                    Tutti questi fatti ponevano dei problemi logici
          che trascendevano i problemi singoli della Geometria per investire,
          come abbiamo detto,
          tutta la problematica logica della Matematica in generale.
         
          3. Prima di presentare la situazione come era verso la fine del sec. XIX,
08#       va ricordato che nel corso di detto secolo
          erano spuntati dei nuovi rami sul vetusto tronco della Geometria classica.
          Ci limitiamo a ricordare la Geometria proiettiva,
          la quale, sorta per opera di J.V. Poncelet e di G.K.C. v. Staudt,
          permise tra l'altro di impostare in maniera unitaria certi problemi
09#       che erano considerati nella Geometria euclidea come separati e distanti,
          e permise di dare alle trattazioni geometriche
          un carattere di grande eleganza e generalità.
          Nascevano poi anche altre "Geometrie"
          e questa nascita poneva il problema della ricerca dei fondamenti
          e della specificazione dell'oggetto di queste scienze;
          inoltre, veniva confermato il fatto che la Geometria euclidea
          non è la unica possibile trattazione razionale delle esperienze spaziali dell'uomo.
                    Vogliamo infine ricordare
          che un grande passo verso la analisi di questi problemi
          fu fatto da F. Klein con la famosa dissertazione
          (comunemente conosciuta come "Programma di Erlangen")
          nella quale egli utilizzava certe strutture algebriche relativamente recenti
          (la teoria dei gruppi, intesa come teoria dei gruppi di trasformazioni)
          per dare una visione unitaria delle varie Geometrie
          che stavano nascendo dalla fantasia e dal raziocinio dei matematici.
         
                    4. Per considerare più davvicino la nuova concezione della Geometria,
          quale essa appare dalla trattazione dei Grundlagen,
          conviene forse fissare l'attenzione sui procedimenti
          che hanno permesso ai geometri di dimostrare
          la compatibilità logica delle Geometrie non-euclidee.
          Abbiamo infatti detto sopra che la Geometria euclidea può fornire dei modelli
          per garantire la compatibilità delle Geometrie non-euclidee.
                    Avvertiamo che il termine "modello"
          vien preso qui nella accezione abituale,
          quale ci è fornita dal linguaggio comune;
          tuttavia anche senza aver precisato il termine in modo rigoroso,
          la nozione di "modello" richiede che si sia stabilito,
          in modo più o meno esplicito e preciso,
          il concetto di teoria come sistema puramente formale,
          e quindi in particolare richiede che si sia acquisito
          il concetto della Geometria come sistema ipotetico-deduttivo.
                    Infatti per giungere alla nozione di modello
          occorre concepire le proposizioni di una teoria
          come delle proposizioni del tutto "vuote"
          ed occorre considerare i nomi degli enti
          che si presentano come dei puri "segna-posti",
          destinati soltanto a distinguere un ente dall'altro
          e a chiarirne le proprietà attraverso quel procedimento
          che viene chiamato di "definizione implicita".
          In tal modo la teoria è passibile di applicazione a diversi oggetti concreti,
          senza specificarne alcuno.
                    In particolare per giungere
          alla dimostrazione della compatibilità delle Geometrie non-euclidee
          è stato necessario ricorrere a dei "modelli"
          nei quali le parole "punto", "retta", "piano" ed altre
          (insomma le parole abituali della Geometria)
          avessero significati diversi da quelli abituali
          e si riferissero ad altri oggetti,
          diversi da quelli che la abitudine plurisecolare
          aveva considerato come designati dalle parole stesse.
                    Ne è scaturita sostanzialmente la verifica di una coerenza formale di certe teorie
          che prima si adattavano male ad essere interpretate dalla immaginazione abituale.
                    Va tuttavia ricordato che questo procedimento
          (e quindi la implicita nozione di sistema puramente formale)
          era già stato elaborato in Geometria proiettiva,
          con quella che viene abitualmente indicata come "legge di dualità";
          precisamente si era già osservato che
          le proposizioni della Geometria proiettiva conservano validità
          quando si scambino tra loro,
          mediante opportune leggi che non stiamo a ripetere qui,
          certe parole che costituiscono gli enunciati di teoremi
          e le loro dimostrazioni.
          In altri termini
          già la Geometria proiettiva aveva messo in evidenza
          il fatto che le parole con le quali si enuncia una teoria
          possono anche non designare univocamente oggetti determinati;
          pertanto era diventata ovvia la osservazione che
          altra era la questione della verità degli enunciati
          (intesa nella accezione comune di rispondenza alla realtà esistente fuori di noi)
          altra la nozione di coerenza logica della teoria in sé.
         
                    5. In conseguenza della crisi logica ed epistemologica
          che abbiamo cercato di presentare brevemente,
          la Geometria viene oggi considerata in modo essenzialmente diverso da quello
          in cui era concepita secondo la impostazione classica,
          cioè viene concepita come sistema ipotetico-deduttivo.
          Secondo questa concezione
          le proposizioni iniziali (gli "assiomi") non vengono più enunciate
10#       con la pretesa che siano assolutamente apodittiche
          e accettate in forza della loro evidenza;
          perché tale "evidenza" sarebbe fornita dalla osservazione
          delle proprietà fondamentali di un certo ipotetico oggetto
          per es. "lo spazio geometrico" che non può esistere
          (almeno come lo si pensava secondo le concezioni classiche),
          perché ammetterebbe delle teorie contradditorie.
          Quindi gli assiomi sono enunciati semplicemente come "ipotesi"
          che servono a fondare la trattazione successiva.
          La scelta di tali assiomi è, a rigore, arbitraria,
          salve certe condizioni di cui diremo subito.
          Di fatto tuttavia, se si vuole che la teoria che si costruisce
11#       possa ancora con qualche legittimità chiamarsi Geometria,
          cioè abbia una certa continuità storica con la teoria
          che durante i secoli è stata chiamata con questo nome,
          gli assiomi vengono suggeriti dalle esperienze
          che noi compiamo nello spazio e con gli enti estesi.
          Tuttavia è soprattutto importante che
          questi assiomi siano soltanto suggeriti dalla esperienza,
          non imposti dalla evidenza di questa come non refutabili.
         
                    6. Va tuttavia osservato che
          la concezione della Geometria come sistema ipotetico-deduttivo
          pone in essere il gravissimo problema di garantire
          la non contradditorietà delle proposizioni iniziali (assiomi),
          assunte come ipotesi di ragionamento,
          sulle quali si basa tutta la trattazione successiva.
                    La non esistenza infatti di una realtà oggettiva
          che imponga con la sua evidenza i contenuti delle proposizioni iniziali
          toglie la garanzia di coerenza interna di queste proposizioni;
          rimane quindi il dubbio fondamentale che queste proposizioni,
          anche se visibilmente non contengono contraddizioni palesi,
          siano però tali da dar luogo a contraddizioni
          quando se ne deducano delle conseguenze in numero adeguato.
                    È questa, per esempio, la posizione presa da G. Saccheri S.J.
          il quale, volendo dimostrare la validità del postulato euclideo della parallela,
          procedette per assurdo,
          supponendo valida la negazione del postulato stesso
          e procedendo poi alla deduzione di tante conseguenze
          quante a suo parere bastavano per giungere ad una conclusione
          che egli considerava come assurda.
          In altro campo, ma con lo stesso spirito,
          anche le dimostrazioni della compatibilità logica delle Geometrie non-euclidee
          sono state conseguite con la costruzione di "modelli" di tali Geometrie,
          come si è detto ripetutamente;
          in altre parole, si è escogitata, nell'universo della Matematica,
          una "realtà" che potesse "riempire" le teorie costruite
          e pertanto garantisse, con la sola ostensione del fatto,
          la compatibilità delle teorie stesse.
                    Si deve subito osservare che con questa operazione
          il problema viene soltanto spostato
          e che il procedimento non può essere ripetuto indefinitamente;
          si è quindi condotti ad un certo momento
          a domandarsi di garantire la validità di ogni ragionamento della Matematica
          e la fondatezza delle basi stesse di questa scienza.
         
                    7. Il nuovo modo di concepire la Geometria, come sistema ipotetico-deduttivo,
          conduce necessariamente con sé anche
          un nuovo modo di considerare la definizione degli oggetti della Geometria.
          A questo proposito può essere molto interessante il confronto tra le proposizioni
          con le quali iniziano gli Elementi di Euclide e i Grundlagen di D. Hilbert;
          questo confronto dà l'idea della distanza
          che intercede tra le due trattazioni ed i due modi di concepire la Geometria.
                    Come è noto, gli Elementi di Euclide iniziano con la famosa frase:
          "Il punto è ciò che non ha parte".
          L'analisi del significato di questa frase ha dato luogo a discussioni
          che sono iniziate fino dall'epoca della Geometria greca;
          tuttavia molti sono stati coloro che hanno considerato
          questa frase come una definizione del punto,
          in linea con il canone classico
          che voleva che si definisse all'inizio di una teoria l'oggetto della teoria stessa.
                    La trattazione di D. Hilbert inizia con la ben nota "spiegazione" che dice:
12*       "Consideriamo tre sistemi di oggetti:
          chiamamo punti gli oggetti del primo sistema ... ecc.".
                    È evidente che in questa impostazione si rinuncia del tutto
          a precisare la natura delle cose che si prendono in considerazione;
          o meglio ancora, si rinuncia a precisare tale natura all'inizio del discorso;
          essa viene precisata, ma non univocamente,
          dagli assiomi che vengono enunciati
          e non dai nomi che vengono dati alle cose
          né da un richiamo alla esperienza ed alla realtà esteriore.
                    A ben guardare questo atteggiamento si tiene anche
          quando si inventa un gioco, per es. un gioco di carte;
          invero in questo caso la "vera natura" delle carte viene precisata dalle regole di gioco,
          più che dalle figure stampate sulle carte stesse:
          è evidente infatti che la carta segnata Q è diversa
          a seconda che si giochi per es. a bridge piuttosto che a poker;
          la sua "vera" natura è precisata dalle regole del gioco che si vuole giocare;
          la sua definizione quindi
          è data implicitamente dalla enunciazione delle regole del gioco
          e non da una frase che ne precisi la natura "per genus et differentiam"
          come volevano le regole della logica classica.
                    In questo ordine di idee quindi
          quell'ente chiamato "retta" dalla Geometria euclidea
          non è lo stesso ente chiamato con lo stesso nome dalla Geometria non-euclidea
          e ciò per la semplice ragione che
          gli assiomi dell'una sono diversi dagli assiomi dell'altra Geometria;
          e sono precisamente gli assiomi che ci dànno
          le "regole del gioco" con questi "enti"
13#       che chiamiamo con i nomi della Geometria classica.
          Tali assiomi dànno la definizione implicita degli enti che trattiamo,
          così come le regole del gioco di carte dànno di volta in volta
          la definizione implicita delle carte che si usano nel gioco.

                    8. A questo punto si presenta spontaneamente
          il problema del valore di conoscenza che può avere una teoria la quale
          --- come la Geometria nell'aspetto secondo cui la presentiamo qui ---
          si pone come "gioco" logico,
          alla stregua di un divertimento fatto con le carte o con gli scacchi.
14+                 A questo proposito va detto che,
          accanto a un aspetto di "gioco" o di sistema ipotetico-deduttivo
          di cui abbiamo parlato,
          la Geometria ha anche l'aspetto di teoria scientifica
          per la conoscenza della realtà fisica;
          in questo senso abbiamo detto poco sopra
          che gli assiomi si accettano come assiomi geometrici
          in quanto suggeriti dalle osservazioni
15+       che noi facciamo sull'universo che ci circonda.
                    Tuttavia non si accettano tali assiomi
          come imposti dalla realtà con una sua "evidenza",
          né si pretende con le proposizioni enunciate
          di esaurire tutta la possibile conoscenza della realtà fisica.
          In questo ordine di idee quindi
16# 17*   la Geometria si presenta come "Primo capitolo della Fisica",
          secondo una arguta definizione.
          Ma sotto questo secondo aspetto,
          pur avendo un indubbio valore conoscitivo,
          essa è sottoposta a tutte le limitazioni che hanno le teorie fisiche:
          in particolare e in primo luogo
          i suoi concetti sono tali da rendere la realtà
18#       soltanto in misura necessariamente approssimata.
                    Per fare un esempio e per fissare le idee
          possiamo ricordare che,
          come è chiaro anche dalla etimologia della parola "Geometria",
          questa dottrina può servire per descrivere e per inquadrare logicamente
          le nostre esperienze che riguardano per es. la figura della Terra.
          Ma in questo campo avviene
          per es. che nell'ordine di approssimazione di qualche km quadrato
          e per i fini della Topografia,
          la superficie terrestre venga descritta mediante lo schema astratto
          della figura geometrica che viene chiamata "piano"
19#       mentre è ben noto che la superficie della Terra non è applicabile sul piano.
          Eppure nessuno trae scandalo dal fatto che si usino delle "carte topografiche";
          queste sono ovviamente errate,
          nel senso che non rendono tutta la realtà che vogliono rappresentare
          (nella fattispecie una parte della superficie terrestre)
          ma sono sufficientemente approssimate per l'uso che se ne vuole fare,
          perché gli errori che si commettono sono ampiamente trascurabili.
         
                    9. Ciò che abbiamo detto fin qui non vuole avere come conseguenza
          la estromissione della Geometria dal novero delle scienze,
          per relegarla definitivamente nel paese dei giochi e delle fantasticherie;
          il nostro discorso invece vuole dare alla Geometria il posto che le spetta,
          sottraendole quel falso carattere di certezza e chiarezza
          che alcuni ancora le attribuiscono.
                    Infatti la certezza conseguita "more geometrico"
          è semplicemente rigore di deduzione dalle proposizioni primitive,
          e non vuole in alcun modo essere certezza inconfutabile
          nei riguardi della realtà fisica.
                    Vogliamo infine osservare
20-       che la caratteristica della Geometria come sistema formale ipotetico-deduttivo
          ha dato la spinta alla analisi di tutte le implicazioni
          che derivano dalle possibili scelte di assiomi,
          scelte divenute consapevolmente arbitrarie,
          anche se sottoposte alla garanzia di incontradditorietà.
          Questa analisi ha portato alla costruzione di quelle
          che vengono chiamate le "Geometrie-non".
                    Questi sistemi teorici,
21+       che in senso lato vengono chiamate "Geometrie",
          sono stati costruiti negando qualcuna delle proposizioni iniziali
          della Geometria euclidea oppure della Geometria proiettiva classica.
          Abbiamo così
          le Geometrie non archimedee,
          le Geometrie non pascaliane,
22#       le Geometrie non desarguesiane,
          le Geometrie finite
          e così via.
                    Occorre rilevare che queste costruzioni non hanno affatto
          il carattere di puro "divertimento" logico
          che qualcuno potrebbe attribuire loro,
          in base ad una impressione superficiale ed ad una analisi affrettata.
                    Invero da una parte esse costituiscono
          uno degli aspetti della analisi logica della Geometria,
          mettendo in evidenza fino al fondo le conseguenze
          che si possono trarre dalla ammissione o dalla negazione di certe premesse
          e la equivalenza logica di alcuni enunciati che appaiono distanti tra loro.
          D'altra parte il loro studio ha costituito uno stimolo importante
          per mettere in evidenza quella stretta interdipendenza tra la Geometria
          (o meglio le varie Geometrie)
          e le strutture algebriche
          che è una delle basi della impostazione attuale della Matematica
          e che era stata intuita da F. Klein.
                    È questo un ulteriore esempio del fatto che la Geometria,
          anche se appare smembrata come dottrina
          (quando sia vista con i canoni euclidei),
          anche se appare a qualcuno destituita del suo trono
          di scienza inconfutabile e assolutamente certa
          (quando sia vista con i canoni di un ingenuo fisicismo geometrizzante)
          è tuttavia in grado di fornire preziose idee alle altre scienze.
                    Ritorneremo su questo argomento nella terza parte di questa presentazione;
          ci basti qui ricordare che la crisi della Geometria
          ha preceduto ed originato la crisi di una certa mentalità,
          che si potrebbe chiamare euclideo-newtoniana,
          la quale nutriva (in modo più o meno cosciente)
          la ingenua pretesa di rendere tutta la realtà con la massima precisione:
          oggi il fisico non pretende di dare valore assoluto alle sue teorie,
          ma le adotta in quanto adeguate a rendere certi aspetti della realtà
          e le riforma o le abbandona senza rimpianti
          quando gli appaiono inadeguate per rendere la massa dei risultati sperimentali.
                    Non si pretende più che la scienza si amplii crescendo soltanto di mole
          e conservando indefinitamente la propria struttura,
          così come non si pretende più
          che la Geometria sia semplicemente una deduzione indefinita da certi assiomi
          --- quelli di Euclide ---
          che si pongono come verità inconfutabili.
          La evoluzione della scienza ci appare oggi come molto più plastica
          e molto più umile.
          E se anche questa sola fosse la lezione che la Geometria ha dato alla scienza,
          ciò basterebbe, a parere di chi scrive,
          per conferirle un ruolo
23#       la cui importanza non sarà mai sufficientemente nota.
         
          II. Il programma hilbertiano e i fondamenti della Geometria
         
                    1. Nella crisi della Matematica,
          che abbiamo poco sopra brevemente descritta,
          ed in particolare nella crisi della Geometria,
          l'opera e la figura di Hilbert si pongono con un rilievo particolare,
          a causa della statura dell'uomo,
          tanto come matematico che come logico.
24*                 Non stiamo qui a spendere parole per ricordare
          la figura di Hilbert come matematico
          e le sue ricerche di Analisi matematica, di Algebra e di Teoria dei numeri.
                    Vorremmo invece soffermarci sulla sua figura di logico matematico
          perché ad essa è strettamente collegata l'opera dei Grundlagen
          e la impostazione di essi.
                    Abbiamo visto prima che la crisi della Geometria
          ed in generale della Matematica del secolo XIX
          aveva posto dei gravissimi problemi di logica.
          Non a caso fiorisce proprio all'inizio del secolo XX
25*       l'opera di grandi matematici (G. Peano, G. Frege)
          i quali sondano i fondamenti della Aritmetica
          e cercano di stabilire la Matematica su basi inconfutabili;
          non a caso troviamo che questi grandi ricercatori
          costruiscono linguaggi simbolici,
          per evitare i tranelli del linguaggio comune
          e per ottenere il massimo rigore nelle dimostrazioni e nelle deduzioni.
          Pertanto non vi è da stupirsi se la via percorsa da Hilbert come logico matematico
          passa anch'essa dallo studio di un linguaggio simbolico,
          che oggi è usato ancora largamente.
         
                    2. Come vedremo,
          la garanzia della compatibilità logica dei postulati di un certo gruppo
          è data da Hilbert ogni volta costruendo dei modelli,
          presi da altri rami della Matematica.
          Ma abbiamo già osservato che, così facendo,
          si ottiene un procedimento che rimanda, per così dire,
          la responsabilità di garantire la compatibilità dei postulati della Geometria
          alla constatazione della compatibilità logica dei fondamenti
          e dei procedimenti dell'Algebra e dell'Aritmetica.
          Abbiamo anche detto che ovviamente
          non si può istituire un procedimento infinito, su queste basi:
          occorre quindi ad un certo punto fermarsi e cercare un punto di appoggio.
          È pure noto che nella loro maggior parte
          i procedimenti dell'Analisi matematica
          (per es. quelli che rendono rigoroso il concetto di "continuo geometrico")
          fanno uso di insiemi infiniti e di procedimenti infiniti;
          questi concetti e questi procedimenti vennero sottoposti a critica
          e pertanto la struttura della Analisi matematica classica,
          che su di essi si basava, venne contestata.
                    Da questa problematica,
          riguardante i fondamenti dell'Aritmetica e dell'Analisi matematica,
          nacque il programma hilbertiano di costruzione di una "Beweistheorie"
          (o "Teoria della dimostrazione");
          benché sia presuntuoso cercare in poche righe
          di dare un'idea di ciò che si intende indicare con questa espressione,
          diremo, in poche parole ed in termini grossolani,
          che si trattava di costruire un sistema di procedimenti logici
          che giustificassero i procedimenti matematici classici
          e che fossero atti a farsi giustificare, da parte loro, con procedimenti finiti,
          assolutamente al riparo da ogni critica:
          invero ogni procedimento logico
          che possa provare la propria compatibilità con un numero finito
          e concretamente eseguibile di esperimenti concreti
          poteva venire accettato
26#       e considerarsi al di sopra delle critiche allora avanzate dai matematici e dai logici.
          Si trattava, in altre parole, di costruire una metamatematica,
          cioè una metateoria che avesse per oggetto la Matematica ed i suoi procedimenti
          e che procedesse da parte sua in modo assolutamente inattaccabile.
                    È noto che il progetto di costruzione di una "Beweistheorie",
27+       che formava gran parte del programma di Hilbert
          sulla ricerca dei fondamenti della Matematica,
          fu vanificato da K. Gödel con la dimostrazione di un classico Teorema.
          Rimane tuttavia il fatto
          che la scuola hilbertiana di logica si sviluppò rigogliosa
          e che prima di lasciar cadere il programma della "Beweistheorie"
          ebbe modo di dare frutti copiosi.
         
                    3. Prima di iniziare l'analisi dei Fondamenti
          vale la pena di fare qualche altra breve osservazione
          che ha qualche attinenza con la genesi psicologica dei concetti della Geometria.
          È stato infatti osservato che la Geometria euclidea,
          da questo punto di vista,
          presenta un aspetto quanto mai composito,
          perché utilizza, senza alcuna graduazione e senza distinzione,
          delle idee che nascono da esperienze concrete
28# 29#   le quali hanno contenuti psicologici talvolta molto distanti tra loro.
                    Invero già a proposito della Geometria proiettiva
          (che da uno dei suoi fondatori e precisamente G.K.C. v. Staudt
          era stata chiamata "Geometrie der Lage", cioè "Geometria di posizione")
          era stato osservato che vi sono dei concetti geometrici
          (tipici i concetti di appartenenza
          che fondano almeno in parte la Geometria proiettiva),
          che possono essere fatti risalire a sensazioni di tipo visivo
          (benché ovviamente idealizzate con una ulteriore elaborazione fantastica).
30#       Altri concetti invece, come quello di uguaglianza,
          traggono la loro origine da sensazioni molto composite,
          che ci provengono dalle esperienze sul trasporto dei corpi rigidi
          o meglio di quei corpi che
          sotto lo sforzo muscolare da noi effettuato
31*       non cambiano sensibilmente di forma e di dimensione
          e che pertanto portano alla elaborazione della idea di "corpo rigido",
          sulla quale lavora poi la Meccanica razionale.
                    Forse una traccia di questa osservazione e di altre analisi
          può essere trovata nella suddivisione che Hilbert fa
32*       dei suoi assiomi in 5 gruppi,
          procedendo da quegli assiomi i quali riguardano delle idee
          che nascono da sensazioni visive
          e che quindi potrebbero essere atti a costruire la Geometria proiettiva,
          alle idee che nascono da sensazioni più composite,
          che nascono da esperienze di trasporto
          e che quindi conducono a quella
          che viene abitualmente chiamata Geometria elementare
          ovvero Geometria metrica.
                    In sintesi, si potrebbe dire che nella presentazione dei fondamenti della Geometria
          Hilbert sceglie una strada
          che è quella che si discosta il meno possibile dalla trattazione classica,
          pur tenendo conto dello stato della critica ai suoi tempi.
                    La sua aderenza alla trattazione euclidea,
          insieme con l'uso del linguaggio comune nella esposizione e nelle deduzioni,
          distingue quindi la sua trattazione da quelle della scuola italiana
          (ricordiamo quelle di G. Pieri e di B. Levi)
          che in certo senso si potrebbero giudicare superiori
          come semplicità, eleganza e rigore formale.
33*       E questa circostanza è forse una delle ragioni
          che giustificano la diffusione e la "classicità" ormai accettata,
          dell'opera hilbertiana.
         
                    4. Gli assiomi del primo gruppo vengono da Hilbert chiamati
          "Assiomi di collegamento";
          ad essi Hilbert premette quella "Spiegazione"
          di cui abbiamo già parlato,
          che in sostanza stabilisce esplicitamente
          la rinuncia a dare la definizione degli enti, nel senso classico,
          ed invece imposta la definizione implicita degli enti stessi,
          per mezzo degli assiomi che verranno enunciati in seguito.
                    Gli otto assiomi di collegamento caratterizzano sostanzialmente
          la relazione di appartenenza di punti, rette e piani
          nello spazio tridimensionale.
                    La loro compatibilità è garantita dalla constatazione del fatto
          che questi assiomi possono trovare la loro interpretazione
          in un modello costruito mediante elementi di un campo numerico
          (per es. il campo razionale).
          Come abbiamo già ripetutamente osservato,
          abbiamo qui non una soluzione del problema,
          ma semplicemente un rimando,
          uno "scaricamento" del problema stesso
          sulla compatibilità degli assiomi che fondano l'Algebra e l'Analisi
          ed in definitiva l'Aritmetica.
                    Gli assiomi del secondo gruppo vengono da Hilbert chiamati
          "Assiomi di ordinamento".
                    Sostanzialmente mediante questi assiomi
          si dà la definizione implicita della relazione
          che collega un punto che sta su una retta "fra" altri due.
                    Dalla enunciazione di questi assiomi
          Hilbert deduce anche il fatto che su una retta ci sono infiniti punti
          e esclude così dalla sua costruzione
          il caso delle cosiddette "Geometrie finite".
                    Si collegano poi, mediante un opportuno assioma,
          le proprietà della retta e le proprietà del triangolo;
          si ottiene così anche la trattazione delle proprietà conseguenti la divisione
          del piano in due semipiani mediante una retta,
          e dello spazio in due semispazi mediante un piano.
                    Gli assiomi del terzo gruppo vengono chiamati
          "Assiomi di congruenza";
          viene caratterizzata anzitutto la congruenza tra coppie di segmenti,
          poi la congruenza tra coppie di angoli;
          infine viene dato un assioma
          che collega la congruenza tra segmenti e quella tra triangoli,
          il che permette sostanzialmente di costruire
          quella parte della Geometria elementare abituale
          che si riferisce ai cosiddetti "criteri di uguaglianza dei triangoli",
          agli angoli retti,
          alla determinazione del punto medio di un segmento,
          alla costruzione della bisettrice (interna) di un angolo
          ed alle conseguenze di queste costruzioni.
34*                 Il quarto gruppo di assiomi è costituito dall'unico
          assioma euclideo delle parallele.
35* 36#             Il quinto gruppo di assiomi contiene due assiomi:
          quello detto "di Archimede" e quello della continuità.
                    Come è noto l'assioma di Archimede deve necessariamente essere enunciato
          se si vuole mantenere validità
          a molte dimostrazioni fondamentali della Geometria elementare,
          ed Hilbert dedicherà un capitolo apposito (il IV)
          alla analisi del ruolo
          che l'assioma stesso ha nelle dimostrazioni riguardanti la equivalenza di poligoni
          e quindi la possibilità di definire il concetto di "area" di una figura piana.
                    L'assioma di continuità viene da Hilbert enunciato in una forma
          che può essere considerata come inconsueta per il lettore italiano.
                    Invero nella trattatistica italiana abituale
          il concetto di continuità viene presentato facendo ricorso
          ad uno dei due classici enunciati, di G. Cantor o di F. Dedekind.
          È pure noto che mentre la proposizione di Dedekind
          permette di dimostrare la proposizione di Archimede
          e quindi di presentarla non più come assioma ma come teorema,
          la proposizione di Cantor permette di dedurre la proposizione di Dedekind
          soltanto quando sia stato enunciato anche l'assioma di Archimede.
                    Abbiamo detto che l'assioma di continuità
          è enunciato da Hilbert in forma in certo modo inconsueta,
          perché egli enuncia la non ampliabilità dell'insieme di elementi (punti) della retta,
          che soddisfano a certi assiomi precedentemente enunciati.
                    Per comprendere il significato di questo enunciato,
          e ricondurlo a quelli più abituali per il lettore italiano,
          basta pensare che la costruzione dei numeri reali,
          per esempio, mediante classi contigue o mediante successioni di Cauchy,
          o mediante partizione della retta razionale,
          conduce ad un effettivo ampliamento del campo dei numeri razionali,
          ampliamento che non è più conseguibile con gli stessi mezzi
37-       quando invece di partire da numeri razionali si parta da numeri reali:
          sussiste infatti il teorema che afferma
          per es. che una successione di Cauchy di numeri reali ha sempre un limite (reale)
          oppure che, considerata una partizione del campo reale,
          una delle due classi ed una sola delle partizioni ha un massimo
          (oppure rispettivamente un minimo)
          e l'altra ha un estremo inferiore
38-       (oppure rispettivamente un estremo superiore).
                    Alla enunciazione degli assiomi nei vari gruppi
          ed alla deduzione delle prime conseguenze
          Hilbert fa seguire la constatazione della compatibilità degli assiomi stessi
          e della indipendenza degli assiomi di ciascun gruppo da quelli dei gruppi precedenti.
                    La tecnica con la quale questa dimostrazione viene conseguita
          è quella di cui abbiamo già detto,
          cioè si riduce alla constatazione della esistenza di modelli,
          costruiti facendo ricorso ad elementi presi da altri campi della Matematica.
          Precisamente quando si sia costruito un modello
          che soddisfa agli assiomi di un certo gruppo
          e non a quelli dei gruppi successivi
          si è constatata la compatibilità degli assiomi del primo
          e la indipendenza dei successivi da quelli precedenti.
39*                 Rinunciamo ad analizzare partitamente tutti i capitoli dell'opera;
          ricordiamo soltanto, come particolarmente interessante,
          la analisi che Hilbert fa dei "calcoli" di segmenti,
          che egli costruisce ammettendo o non ammettendo la validità di teoremi
          che vengono chiamati di Pascal o di Desargues;
          e la analisi delle strutture algebriche che ne scaturisce come conseguenza.
                    Ricordiamo anche che
40*       le successive edizioni dell'opera sono state arricchite
          da varie appendici e complementi
          che sostanzialmente rientrano nel programma hilbertiano
          di costruzione della "Beweistheorie" di cui abbiamo parlato.
41+                 Tuttavia, come abbiamo già osservato,
          la esposizione di Hilbert viene data in modo non formalizzato;
          in altre parole
          per la presentazione dei concetti viene usato il linguaggio comune
          e viene presupposta la logica comune
          (chiamiamola per intenderci "logica classica");
          non è dato quindi un sistema di notazioni formali,
          né è enunciato un sistema di assiomi logici e di regole di inferenza
          secondo i canoni della logica matematica moderna.
          In breve, le questioni logiche sottostanti sono soltanto sfiorate,
          anche se, come abbiamo cercato di mostrare, restano nello sfondo
          e costituiscono sostanzialmente la motivazione di tutta l'opera.
         
          III. La visione moderna della Geometria nell'ambito del pensiero matematico
         
                    1. Abbiamo detto che i "Fondamenti" di Hilbert si presentano
          come un'opera ormai classica,
          nella quale l'Autore ha trovato modo di conciliare i dati della critica
          con una trattazione della Geometria elementare
          che si discostasse di poco dalla linea classica euclidea.
                    Abbiamo tuttavia anche osservato che
          i "Fondamenti" non sono totalmente formalizzati:
          in essi viene usato il linguaggio comune
          e viene applicata la logica abituale,
          senza precisazione di leggi di inferenza e di assiomi logici;
          infine viene presupposto tutto un patrimonio di conoscenze matematiche
          per le dimotrazioni di indipendenza e di compatibilità degli assiomi.
                    Tuttavia l'opera non si riduce
          alla ricostruzione degli "Elementi" di Euclide
42*       secondo i canoni della critica recente:
          nei capitoli nei quali presenta le cosiddette "Geometrie-non"
          Hilbert inizia in certo senso una corrente di pensiero e di ricerca
          che stabilisce un interessante parallelo
          tra le strutture algebriche e le varie Geometrie.
                    In questo senso si potrebbe dire che l'opera di Hilbert
          chiude una certa epoca della storia della Geometria e ne apre un'altra,
          che conduce sostanzialmente alla Geometria di oggi.
                    È ben noto che, secondo certe correnti di pensiero,
          la Geometria come scienza deve essere considerata morta.
          Non si può dare torto a chi pronuncia condanne di questo genere,
          se si intende la Geometria nel senso in cui era intesa dai classici;
          ma questa Geometria --- potremmo dire ---
          è già morta di morte naturale con la crisi che abbiamo descritta.
          E se fosse ancora in vita, morirebbe certamente,
          a causa di tutte le estensioni
          che il vocabolo "Geometria" ha avuto negli ultimi decenni.
          Invero abbiamo avuto una Geometria degli iperspazi,
          che ovviamente era basata su estensioni formali di linguaggio,
          ma senza la pretesa di rendere una certa realtà fisica esistente;
          abbiamo avuto una Geometria algebrica,
          che era sostanzialmente una traduzione con linguaggio geometrico
          delle proprietà di certe funzioni di variabile complessa.
43+       I cultori della Geometria algebrica, tuttavia, avvertivano esplicitamente
44+       che il linguaggio geometrico non era soltanto un pretesto
          per rendere in forma intuitiva le proprietà di cui parlavano,
          ma che tale modo di esprimersi costituiva anche un fortissimo aiuto
          per la scoperta delle proprietà e per la loro visualizzazione.
          Analoghe considerazioni si potrebbero fare
          a proposito delle varie "Geometrie-non".
          Volendo sintetizzare ciò che abbiamo detto fin qui
          in forma abbastanza pittoresca,
          si potrebbe dire che la Geometria è morta quando sono nate "le Geometrie".
         
                    2. Vorremmo tuttavia osservare come oggi appaia chiaro
          che la Geometria euclidea classica fosse in stretto parallelismo
          con la struttura algebrica del campo reale.
          In questo ordine di idee quindi si potrebbe dire
          che lo studio di strutture algebriche diverse
          ha segnato in certo senso la morte della Geometria tradizionale,
          ma ha dato luogo alla nascita di altre specie di Geometrie.
                    In questo senso anche l'opera di Hilbert,
          con il mettere in evidenza lo stretto collegamento
          tra la scelta degli assiomi delle Geometrie
          e le strutture algebriche che ne conseguono,
          e con il mettere in evidenza le caratteristiche algebriche
45+       dei "calcoli" di segmenti che scaturiscono dalle "Geometrie-non",
          ha un sapore di grande modernità;
          essa infatti costituisce un grande passo sulla strada
          che porta ad abbandonare la vecchia concezione della Geometria
          fondata su esperienze traducibili con le strutture del campo reale,
          per fondare direttamente sulle strutture algebriche il processo logico
          che costruisce la Geometria.
         
                    3. La Matematica di oggi ha visto lo sviluppo di due grandi rami,
          l'uno classico e l'altro relativamente nuovo;
          vogliamo parlare dell'Algebra e della Topologia.
                    Per quanto riguarda quest'ultima,
          essa ha avocato a sé lo studio del concetto di continuità,
          che era considerato una volta campo della Geometria,
          ed ha conferito a questo studio una grande generalità,
          una estrema eleganza formale.
                    Il linguaggio adoperato da questa dottrina è ancora geometrico:
          si parla di "spazi" e di "punti",
          ma ovviamente il riferimento agli enti una volta studiati dalla Geometria
          è puramente verbale:
          i "punti" di uno spazio topologico possono essere per esempio delle funzioni,
          e per quanto riguarda il concetto di "continuità"
          esso ha perso il necessario riferimento al fatto della "vicinanza" spaziale
          che faceva appello alla intuizione
          ed alla esperienza rielaborata dalla immaginazione.
          Invero, una volta stabilita
          la nozione di "copertura" di uno spazio mediante insiemi "aperti",
          la nozione di continuità di una corrispondenza tra due spazi
          viene stabilita con la richiesta
          che la antiimmagine di un aperto sia ancora un aperto.
          Questa nozione comprende dentro di sé
          quella stabilita dalla Analisi matematica classica,
          nel senso che per gli spazi topologici
          che siano anche in particolare spazi metrici
          questa nozione di continuità
          si ricollega con la nozione classica di "vicinanza".
          Tuttavia la nozione stessa è passibile di una estrema generalizzazione,
          nella quale ovviamente la nozione classica scompare.
                    È interessante tuttavia osservare che la Topologia, in certi suoi rami,
          riprende la tradizione della Geometria classica,
          per utilizzare le nozioni ed i concetti che le sono offerti dall'Algebra;
          tuttavia queste nozioni provengono pure dall'Algebra più moderna.
         
                    4. Come conseguenza della esistenza dei nuovi rami
          che si sono sviluppati nella Matematica,
          abbiamo oggi delle correnti di pensiero che vorrebbero vedere nella Geometria
          soltanto un modello di certe strutture algebriche,
          e vogliono che si distingua, anche nell'insegnamento,
          quanto è dovuto alle strutture stesse
          e quanto invece è dovuto alla Topologia.
                    Pertanto oggi è solitamente studiato anzitutto lo spazio
          in quanto modello di uno spazio vettoriale,
          costruito sul campo reale o sul campo razionale.
          In questo studio (volendo utilizzare la nomenclatura classica)
          si ottengono le proprietà affini dello spazio,
          cioè quelle che riguardano le nozioni
46+       di allineamento, di appartenenza, e di parallelismo,
          con esclusione delle nozioni
          che riguardano la misura dei segmenti e degli angoli,
          intesa come invariante rispetto al gruppo dei movimenti rigidi.
          Queste ultime proprietà vengono conseguite in un secondo tempo,
          insieme con le proprietà topologiche.
          Insomma si cerca di realizzare quell'ideale di scienza geometrica
47# 48*   che un matematico contemporaneo ha sintetizzato
          con la frase, abbastanza pittoresca:
          "À bas le triangle, à bas Euclide!".
                    Tutto ciò ha sapore di grande eleganza e di grande semplicità logica,
          perché si va dallo studio dell'Algebra, considerato come prioritario,
          alle illustrazioni geometriche delle strutture algebriche,
          di volta in volta sempre più complesse.
                    È lecito tuttavia nutrire qualche dubbio
          sulla efficacia didattica di questa impostazione
          ed in fin dei conti anche sulla opportunità di demolire una struttura
          che è anziana di secoli
          e la cui sopravvivenza nei secoli ha pure un qualche significato.
          Infatti è ben vero che la trattazione euclidea,
          come ci siamo sforzati di mettere in evidenza,
          parte da esperienze composite,
          che vengono idealizzate e schematizzate in vari modi,
          a seconda delle sensazioni a cui esse fanno riferimento.
                    Si potrebbe tuttavia osservare
          che certe esperienze concrete possono avere carattere composito
          se considerate dal punto di vista della logica pura
          e possono invece essere considerate come molto elementari
          se giudicate dal punto di vista della psicologia:
          per fare un esempio,
          la esperienza che si fa trasportando un regolo rigido per misurare un segmento,
          e che viene considerata come elementare,
          sarebbe forse considerata più complicata
          se si imponesse al segmento stesso la limitazione di muoversi
          soltanto "scorrendo" su una retta,
          invece di lasciar libero l'operatore di muoverlo
          comunque nello spazio a suo piacere;
          considerazioni abbastanza simili si possono fare
          a proposito della verifica del fatto che certi punti sono allineati,
          oppure certi altri appartengono ad un unico piano.
                    Considerazioni analoghe potrebbero essere fatte
          a proposito della scelta degli assiomi.
          Invero non è sempre detto che quegli assiomi
          che appaiono come i più semplici dal punto di vista della logica
          siano i più facilmente accettati dalla intuizione.
                    In questo campo la ricerca dell'equilibrio è spesso un problema
          che si risolve non soltanto con la logica,
          ma anche con il gusto e con l'esperienza.
          Si potrebbe addirittura dire che esistono delle "mode" in Matematica,
          pur senza voler dare al termine "moda" il carattere di criterio puramente estetico e irrazionale
          che si suole attribuire all'espressione analoga nel linguaggio comune.
          Le "mode" dei matematici conseguono molto frequentemente alle scoperte geniali,
          ed alla impostazione elegante di qualche problema data da qualche autore;
          e del resto anche l'aggettivo "elegante"
          dato a qualche teoria o a qualche risultato
          fa capire quanto sia grande l'importanza della psicologia nella ricerca,
          anche in una scienza
          che sembrerebbe il paradigma della astrattezza fredda e del rigore scostante.
                    Di eleganza la Geometria,
          intesa nel senso classico o nel senso più moderno,
          non ha mai mancato;
          anzi la trattazione dei problemi matematici dal punto di vista geometrico
          è sempre stata particolarmente efficace ed attraente
          proprio per quel carattere di semplicità, di immediata intuibilità,
          e per la facilità
          con la quale permette spesso di superare calcoli tediosi o ragionamenti complicati.
                    Pertanto giustamente gli autori più moderni,
          mentre proclamano la morte della Geometria come scienza,
          ne riconoscono tuttavia contemporaneamente
          la insuperabile capacità di suggestione per la ricerca.
                    E ciò conferma del resto che la Geometria in ogni suo campo
          ha mantenuto quel carattere misto di logica e di fantasia,
          di rigore e di intuizione,
          di deduzioni rigorose e di slancio
          che le dànno il suo fascino immortale.
         
                                                                                                                          Carlo Felice Manara