1 1 LE TRAME CONCETTUALI DELLA MATEMATICA di Vinicio Villani
2 2 1. Considerazioni generali
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Ho accettato volentieri l'invito a tenere questa relazione,
perché l'iniziativa del "Laboratorio di Didattica delle Scienze"
della Facoltà di Scienze di Roma mi è sembrata valida e interessante.
Ma non appena ho cominciato a riflettere più in dettaglio
sui temi da trattare e sulle modalità dell'esposizione,
mi sono accorto di aver commesso un grave peccato di presunzione.
Per dare un'idea della vastità e complessità
delle ricerche matematiche attuali,
riferirò qualche dato quantitativo.
L'"American Mathematical Society" ha elaborato
una suddivisione della matematica,
entrata ormai nell'uso corrente a livello internazionale,
in circa 60 settori diversi,
ciascuno ripartito a sua volta in una dozzina di sottosettori.
Ebbene, si può dire - sia pure con le dovute eccezioni -
che in genere un matematico impegnato nella ricerca attiva
effettua indagini originali
solo in alcuni sottosettori di un unico settore,
ed è in grado di comprendere realmente a fondo
gli ultimi progressi della disciplina
in non più di due o tre settori affini
a quello della sua ricerca personale,
mentre per i rimanenti settori ha una conoscenza generica,
che in molti casi non va al di là di quanto appreso a suo tempo,
durante i suoi studi nei normali corsi universitari,
dove si trattano prevalentemente argomenti classici,
ormai sistemati da tempo in maniera definitiva
e quindi lontani dalle ricerche più recenti e avanzate.
A titolo di curiosità,
posso dire che il settore delle mie ricerche personali
è quello contrassegnato dal numero 32
(Più Variabili Complesse e Spazi Analitici).
Aggiungo ancora che esistono nel mondo
oltre 400 riviste specializzate,
che pubblicano annualmente qualcosa come
40.000 lavori originali di contenuto matematico
(senza contare le altre centinaia di riviste
che ospitano occasionalmente ricerche matematiche
e le migliaia di articoli e monografie
di carattere espositivo, didattico, l'editoria scolastica, ecc.).
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Dopo questa premessa,
spero almeno di essere scusato
per le semplificazioni, anche grossolane,
che sarò costretto a fare e per le inevitabili omissioni
di interi settori di ricerca matematica, tra cui il mio,
dalla presente relazione.
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Come risulta dalla tabella di pag. 3,
ho optato infine per una ripartizione dei contenuti
in 7 aree tematiche;
si tratta quindi di una suddivisione assai più grossolana
di quella dell'"American Mathematical Society".
Al tempo stesso ho deciso di seguire un approccio "storico",
ma forse sarebbe più appropriato parlare di approccio "cronologico"
in quanto non ho avuto la pretesa di fare un'opera di storico vero e proprio
e mi sono limitato a collocare nel tempo
alcune scoperte matematiche particolarmente significative,
che mi propongo di illustrare qui nel seguito.
Devo ancora far notare come la datazione delle scoperte matematiche,
soprattutto di quelle più antiche,
sia estremamente difficile e opinabile;
in genere ho citato l'epoca in cui una determinata teoria ha cominciato
a manifestare la sua influenza sulla comunità matematica
nell'ambito della cultura occidentale,
epoca che può essere anche notevolmente posteriore
alla prima comparsa della stessa teoria, in assoluto,
nel pensiero di qualche matematico isolato che precorreva i tempi,
o presso qualche civiltà non collegata con l'Europa dell'epoca
(si pensi ad es. alle intuizioni geniali con le quali
Archimede
aveva anticipato di quasi duemila anni la nascita del calcolo infinitesimale,
o alla scrittura posizionale dei numeri,
nota in Oriente e presso gli arabi
molti secoli prima della sua introduzione da noi).
Anche la scelta delle date che delimitano i vari periodi storici
è del tutto opinabile:
accanto ad alcune scansioni tradizionali
(700.a.C. - Prima fioritura della civiltà greca;
1453 - Caduta dell'Impero Romano d'Oriente;
1789 - Rivoluzione francese)
ho inserito alcune date di particolare rilevanza per la matematica:
con la morte di Archimede, poco prima del 200a.C.,
si chiude l'epoca d'oro della matematica classica;
a partire dal 1200 le scoperte della matematica araba
vengono rese accessibili alla cultura europea;
intorno al 1650 sorgono quasi contemporaneamente,
nell'arco di pochi decenni,
tre nuovi settori di importanza fondamentale
per gli sviluppi matematici successivi:
la geometria cartesiana, il calcolo delle probabilità,
il calcolo infinitesimale.
Verso il 1850 poi, la scoperta delle geometrie non euclidee
rivoluziona molte convinzioni ben radicate nel pensiero classico
e segna l'avvio di un processo di assiomatizzazione
destinato ad avere ripercussioni profonde non solo sulla geometria
ma più in generale su tutta la matematica.
Infine, il 1930 segna un'altra tappa rilevante,
con la dimostrazione del celebre teorema di indecidibilità di Gödel
e con le limitazioni che ne derivano relativamente
alle certezze sulla "non-contraddittorietà" dei fondamenti della matematica.
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Un'ultima osservazione di carattere generale,
prima di passare a commenti più specifici
sui vari argomenti schematizzati nella tabella.
Una lettura che venisse fatta solo per righe,
vale a dire per aree tematiche,
risulterebbe riduttiva e falserebbe il significato stesso
delle principali conquiste del pensiero matematico:
le teorie più innovative consistono proprio nel collegare tra loro
argomenti che precedentemente erano slegati;
si pensi ad esempio alla geometria analitica
che ha permesso di tradurre fatti geometrici in formule algebriche
e viceversa,
oppure si pensi al ruolo unificante della teoria degli insiemi
nei più svariati campi della matematica,
o ancora si pensi alle molteplici utilizzazioni degli spazi vettoriali
non solo in algebra e nelle applicazioni di carattere fisico,
ma anche in geometria, in analisi,
nella statistica e nella probabilità, ecc.
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Ugualmente riduttiva sarebbe una lettura della tabella
che venisse fatta solo per colonne,
vale a dire in ordine strettamente cronologico:
non sempre il progresso della conoscenza matematica
si sviluppa linearmente nel tempo,
anzi ciclicamente si assiste ad un ritorno alle origini,
ad un ripensamento sui fondamenti,
per ripartire poi nuovamente alla scoperta di teorie più generali
o per comprendere meglio i presupposti
su cui si basavano le conoscenze precedenti;
è questo il caso già citato della scoperta delle geometrie non euclidee,
che ha indotto i matematici a ripensare secondo un'ottica nuova
la stessa geometria euclidea.
Ma esempi dello stesso tipo si possono fare anche in tutti gli altri campi,
dalla sistemazione ottocentesca
delle nozioni base dell'analisi infinitesimale
all'esigenza, avvertita da Peano,
di rifondare su base assiomatica la teoria dei numeri naturali,
ai risultati di Gödel, ecc.
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Una lettura corretta della tabella presuppone insomma
continui collegamenti trasversali,
tanto dal punto di vista contenutistico quanto da quello cronologico.
Nel redigere i paragrafi che seguono,
mi auguro di non essere venuto meno
a questa visione unitaria della matematica,
anche se, per esigenze di chiarezza,
ho articolato l'esposizione secondo le righe della tabella.
9 128 2. Sviluppo storico dei principali concetti matematici
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L'origine dell'arte del contare si perde nella notte dei tempi;
i segni usati per contare piccoli gruppi di oggetti
(tacche incise nel legno, sassolini o simili)
costituiscono senz'altro una delle più antiche forme
di rappresentazione simbolica in tutte le culture,
e precedono di molto l'introduzione
di una qualsiasi forma sistematica di scrittura.
Con una leggera forzatura si può affermare quindi
che la conoscenza dell'insieme dei numeri naturali
(zero, uno, due, tre, ...)
risale alla preistoria.
In quei tempi doveva mancare peraltro una chiara consapevolezza
del fatto che la successione dei numeri naturali è infinita
e ovviamente non ci si poneva ancora il problema di eseguire
operazioni complesse come la moltiplicazione e la divisione.
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Nell'antichità classica sono ormai ben noti
i numeri naturali e i loro rapporti
(ossia le frazioni, vale a dire i numeri razionali positivi)
nonché le operazioni aritmetiche su di essi
e le loro principali proprietà.
Non è stato però ancora trovato un simbolismo appropriato
per scrivere i numeri
e ciò rende faticosa l'esecuzione di calcoli anche semplici.
Occorrerà aspettare il 1200 circa,
quando Leonardo Fibonacci (detto Leonardo Pisano)
introduce in Italia e in Europa il sistema di numerazione posizionale,
noto già da alcuni secoli in India e nei paesi arabi.
A prima vista può sembrare strano che
l'adozione di un diverso simbolismo
abbia avuto conseguenze così rivoluzionarie
sui successivi sviluppi di tutta la matematica.
Ma si rifletta per un momento sulla diversità concettuale
tra un sistema di numerazione non posizionale
(per esempio quello greco o romano)
e un sistema posizionale
(per esempio quello in base 10, che noi usiamo correntemente,
o quello in base 2, con cui operano i moderni calcolatori elettronici):
nel caso di un sistema non posizionale,
dopo aver introdotto i simboli atti a denotare i numeri
fino ad una certa quantità,
per esempio fino al "nove",
occorre un nuovo simbolo apposito per denotare il "dieci",
un altro per denotare il "cento",
un altro ancora per denotare il "mille", ...;
manca insomma un automatismo che consenta di scrivere numeri comunque grandi
utilizzando solo un insieme finito di segni fissati una volta per tutte
e alcune regole di scrittura stabilite una volta per tutte.
Questo automatismo è presente nei sistemi di numerazione posizionali:
con le sole cifre da 0 a 9, se si opera in base 10
(addirittura con le sole cifre 0 e 1, se si opera in base 2),
e con la convenzione che una stessa cifra assuma valori diversi
a seconda della posizione in cui si trova,
risulta possibile scrivere un numero qualsiasi.
Non solo, ma regole estremamente semplici consentono
di scrivere senza ambiguità il successivo di un qualunque numero,
di confrontare tra loro due numeri
per stabilire quale dei due è maggiore dell'altro,
di eseguire con facilità le quattro operazioni aritmetiche.
Si noti, in proposito, come
per costruire un sistema di numerazione posizionale
sia essenziale disporre di un segno apposito per indicare lo "zero",
segno che ovviamente mancava nei sistemi di numerazione non posizionali.
Per evidenziare le non indifferenti difficoltà psicologiche
collegate con l'introduzione dello "zero",
vale forse la pena di ricordare che,
ancora parecchi secoli
dopo la sua introduzione nell'uso corrente,
i matematici accettavano lo "zero" come utile artificio di scrittura,
ma si rifiutavano di attribuire a questo "nulla" la qualifica di numero.
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Nell'antichità classica,
la mancanza di notazioni appropriate per la scrittura dei numeri
aveva indotto i matematici
a privilegiare la geometria rispetto all'aritmetica.
Gli stessi numeri naturali e frazionari venivano intesi
piuttosto come misure di grandezze
che non come enti aritmetici a sé stanti;
non deve quindi meravigliare il fatto che solo nel '500
fanno la loro comparsa i numeri negativi:
la loro introduzione risponde all'esigenza di
unificare le formule risolutive delle equazioni algebriche,
di cui parleremo più ampiamente nel prossimo paragrafo,
senza inutili e dispersive distinzioni di casi.
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Sono sempre motivazioni algebriche a spingere i matematici del '500
ad operare con numeri esprimibili come radici - non solo quadrate -
di numeri interi o frazionari (numeri algebrici).
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Già nell'antichità classica la scuola pitagorica aveva scoperto
- con sgomento, date le convinzioni filosofiche dell'epoca -
che la radice quadrata di un numero intero poteva essere un numero irrazionale
(ossia non esprimibile sotto forma di frazione);
l'esempio più celebre è il numero sqrt(2),
che geometricamente misura
la lunghezza della diagonale di un quadrato di lato unitario.
Ma, ancor peggio, nelle formule algebriche
che i matematici del '500 andavano studiando,
potevano comparire radici di numeri negativi come sqrt(-1).
Anche questi simboli, apparentemente privi di significato,
purché manipolati secondo opportune regole formali di composizione,
davano luogo a risultati sensati!
Gli algebristi del '500 stavano insomma già lavorando
con numeri reali e complessi,
pur senza avere una precisa conoscenza di tali strutture.
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Nei due secoli successivi, il campo delle ricerche matematiche
si amplia enormemente e le più importanti teorie elaborate in quel periodo
si basano tutte in un modo o nell'altro su un uso intuitivo dei numeri reali.
Basterà ricordare al riguardo la scoperta dei logaritmi
(Bürgi e Nepero, inizi del '600),
la geometria analitica (Cartesio, verso il 1637),
le origini del calcolo infinitesimale (Newton, Leibniz, verso il 1680).
Nel fervore delle nuove scoperte, i matematici del '600 e del '700
non si preoccupano eccessivamente di dare
una sistemazione esauriente e logicamente ineccepibile
alle nuove strutture numeriche incontrate nelle loro ricerche.
Ciò avverrà appena nel corso dell'800.
Per i numeri reali, il merito va a Cauchy, Dedekind e Cantor,
mentre per i numeri complessi va ricordato soprattutto Gauss,
che riesce a fornire una visualizzazione geometrica di questi numeri,
fino ad allora abbastanza misteriosi,
rappresentandoli con i punti di un piano.
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L'idea centrale della sistemazione ottocentesca
consiste nell'interpretare le diverse strutture numeriche:
N (naturali), Z (interi positivi e negativi), Q (razionali),
R (reali), C (complessi),
ognuna come un ampliamento della precedente
e nel fornire un procedimento costruttivo per ciascuna di queste strutture,
basato unicamente sulle proprietà già note della struttura precedente.
In tal modo, la coerenza logica di tutto l'edificio numerico
viene ricondotta alle sole proprietà dei numeri naturali,
accettate come evidenti.
Si riconosce poi che R può essere caratterizzato come
corpo commutativo, ordinato, archimedeo e completo
e che C ne è la chiusura algebrica.
Pur non potendo entrare nei dettagli tecnici di queste caratterizzazioni,
va segnalata una conseguenza importante delle stesse:
C rappresenta in un certo senso un punto di arrivo finale,
in quanto si dimostra che non sarebbe possibile
costruire ulteriori estensioni di C,
senza perdere qualcuna delle proprietà godute da C.
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256
A questo punto le ricerche sui corpi numerici potrebbero sembrare concluse;
invece verso la fine dell'800,
a seguito di un più approfondito esame dei fondamenti logici
su cui poggia tutto l'edificio matematico,
viene avvertita l'esigenza di caratterizzare assiomaticamente
anche la struttura dei numeri naturali (Peano, Dedekind).
Al tempo stesso si aprono nuovi filoni di ricerca:
dopo aver osservato che ciò che accomuna tra loro
tutte le diverse strutture numeriche
è la presenza di due operazioni - addizione e moltiplicazione -
collegate tra loro dalla proprietà distributiva,
è naturale studiare tutte le possibili strutture algebriche di questo tipo,
e in particolare le strutture di corpo commutativo,
cioè quelle nelle quali entrambe le operazioni sono
commutative e invertibili
(l'addizione con la sottrazione, la moltiplicazione con la divisione,
con l'avvertenza che occorre escludere la divisione per zero,
in quanto lo zero non può ammettere inverso).
Si tratta di astrazioni prive di interesse reale?
A questa obiezione sarebbe facile rispondere
che l'interesse di una teoria matematica
non va giudicato solo da una punto di vista utilitaristico,
in funzione di applicazioni immediate.
Ad ogni modo vale la pena di segnalare, almeno di sfuggita,
una recente e importante utilizzazione pratica
di queste ricerche teoriche:
per garantire la segretezza dei dati memorizzati dagli elaboratori elettronici,
vengono usati sistemi di crittografia basati
sulle proprietà di opportuni corpi numerici finiti,
vale a dire su un tipo di "aritmetica" diversa da quella tradizionale.
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È difficile, ma tutto sommato anche abbastanza irrilevante,
tracciare una netta linea di demarcazione tra aritmetica e algebra.
Ad esempio, le ricerche citate alla fine del paragrafo precedente
si collocano a metà strada tra i due settori.
Grosso modo si può dire che,
mentre l'aritmetica si occupa dei singoli numeri
e delle tecniche di calcolo con essi,
l'algebra riguarda le strutture generali su cui quei calcoli si fondano.
La parola "algebra" è di derivazione araba
ed è stata usata per la prima volta
nel titolo di un libro del matematico Alchwarizmi
(vissuto tra l'VIII e il IX secolo d.C.)
col significato di "manipolazione",
intendendo che ciò che va manipolato sono le equazioni,
in vista di trovarne le soluzioni,
ossia gli eventuali valori che le rendono soddisfatte.
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Un'equazione algebrica di grado n nell'incognita x
è un'espressione ottenuta uguagliando a zero un polinomio di grado n in x.
Per es., ax+b=0 è un'equazione di primo grado;
ax2+bx+c=0 è un'equazione di secondo grado, ecc.
(secondo l'uso, le lettere a, b, c stanno a denotare numeri
che si suppongono noti).
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Già i matematici greci, e prima di loro i babilonesi,
sapevano risolvere le equazioni di primo e secondo grado.
Tralasciando l'analisi delle tecniche risolutive dei babilonesi,
il che ci porterebbe troppo lontano,
osserviamo che i metodi seguiti dai matematici greci
si basavano su costruzioni geometriche,
e quindi avevano ben poco a che fare con quello che noi oggi chiamiamo algebra.
D'altra parte la stessa Algebra di Alchwarizmi
rappresenta solo un primo stadio nell'evoluzione di questa disciplina,
in quanto vi mancano ancora le notazioni simboliche e letterali
a cui noi oggi siamo abituati.
In Italia e in Europa la diffusione delle conoscenze algebriche degli arabi
inizia nel XIII secolo,
sempre a seguito dell'opera di Leonardo Fibonacci.
Ma la vera fioritura dell'algebra ha luogo nella prima metà del '500,
per merito di una folta schiera di matematici italiani,
che dopo innumerevoli sforzi
riescono a trovare le formule risolutive per le equazioni di terzo grado
(Scipione Dal Ferro,
Niccolò Fontana, più noto col soprannome di Tartaglia,
Girolamo Cardano)
e successivamente per quelle di quarto grado
(Ludovico Ferrari,
Rafael Bombelli).
Come già ricordato nel paragrafo precedente,
è proprio da un esame della validità di queste formule risolutive
che nasce l'esigenza di ampliare l'ambito dei numeri (algebrici)
con cui i primi algebristi ancora operavano,
e vengono così introdotti sia i numeri negativi, sia quelli complessi.
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Di pari passo con la crescente difficoltà dei problemi affrontanti,
si evolvono le notazioni dell'algebra.
Mentre fino all'epoca di Dal Ferro, Tartaglia, Cardano, Ferrari, Bombelli,
le equazioni venivano scritte a parole,
facendo ricorso al linguaggio comune salvo qualche occasionale abbreviazione,
nella seconda metà del '500 si diffondono rapidamente le notazione letterali,
per merito soprattutto del matematico francese François Viète.
Il simbolismo algebrico raggiunge poi la sua forma definitiva,
in uso ancor oggi, nella prima metà del '600, con Cartesio (René Descartes)
della cui opera avremo occasione di riparlare ampiamente nel seguito.
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Oltre alle equazioni in una sola incognita,
si possono considerare equazioni in due o più incognite x, y, z, ...;
il caso più semplice è rappresentato, al solito, dalle equazioni di primo grado.
Per esempio ax+by+cz+d=0 è un'equazione di primo grado in tre incognite.
Si riconosce subito che equazioni di questo tipo
ammettono infinite soluzioni;
quindi la "risoluzione" di un'equazione in più incognite
è in effetti un problema indeterminato.
Se però si considerano le soluzioni comuni ad alcune equazioni siffatte
(noi oggi parliamo delle soluzioni di un "sistema" di equazioni)
l'indeterminazione diventa minore,
e, quando il numero delle equazioni è uguale al numero delle incognite,
si ha in genere un'unica soluzione.
Ma si possono presentare anche casi eccezionali,
in cui un sistema, di tante equazioni quante sono le incognite coinvolte,
è indeterminato, o magari impossibile.
Per i sistemi di 2 equazioni in 2 incognite
l'esame di queste diverse possibilità si fa facilmente con i calcoli diretti;
ma i calcoli diventano già più laboriosi
per i sistemi di 3 equazione in 3 incognite
e si complicano a dismisura
quando aumenta ulteriormente il numero delle equazioni e delle incognite.
Per ovviare a questo inconveniente,
verso la metà del '700 viene introdotta la nozione di "determinante"
(Cramer, Bézout, Vandermonde):
si tratta di un numero facilmente calcolabile
a partire dai coefficienti delle incognite che figurano nel sistema;
il fatto che questo numero sia diverso da 0 oppure uguale a 0
"determina" la natura del sistema
e consente di stabilire se esistono soluzioni;
inoltre, in caso affermativo fornisce una procedura di calcolo per determinarle.
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Lo studio dei sistemi di equazioni di primo grado
è stato ripreso e approfondito nel corso dell'800.
Cayley ha esteso le regole del calcolo algebrico
dall'ambito dei numeri a quello delle matrici
(ossia alle tabelle di numeri
che rappresentano
i coefficienti dei sistemi di equazioni di primo grado);
Rouché e Capelli, verso il 1885, hanno formulato
una condizione necessaria e sufficiente
affinché un qualunque sistema di equazioni di primo grado
(con numero di equazioni non necessariamente uguale a quello delle incognite)
ammetta soluzioni;
infine, Grassmann
a partire sempre dallo studio dei sistemi di equazioni di primo grado,
ha introdotto la nozione di spazio vettoriale,
nozione destinata a diventare nel giro di pochi decenni
uno dei concetti chiave non solo di tutta la matematica
ma anche della fisica, dell'economia
e dei settori applicativi nei quali si studiano fenomeni
che almeno in prima approssimazione hanno un andamento "lineare".
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Ritornando alle equazioni in una sola incognita,
a seguito dei successi ottenuti nel '500
con le formule risolutive delle equazioni di terzo e quarto grado,
ci si poteva aspettare la scoperta di un'analoga
formula risolutiva per le equazioni di quinto grado, e così via.
Invece, dopo una serie di tentativi infruttuosi,
all'inizio dell'800 il problema
viene definitivamente chiuso con una risposta negativa.
Il matematico norvegese Niels Abel dimostra infatti nel 1824
che una formula del tipo cercato non può esistere
e che quindi è del tutto inutile cercarla.
È bene essere precisi sul significato di questo teorema:
esso non afferma che le equazioni di quinto grado non ammettono soluzioni
(anzi, ne ammettono sicuramente, sia nell'ambito reale,
sia a maggior ragione in quello complesso);
il teorema non afferma neppure
che le soluzioni non possono essere calcolate numericamente
(si conoscono vari metodi per determinarle);
afferma solo che le soluzioni non sono in generale
esprimibili mediante una formula algebrica,
ossia mediante una formula che fornisca le soluzioni,
operando sui coefficienti dell'equazione
con le quattro operazioni aritmetiche e con estrazioni di radice.
Per completezza va detto che, già vent'anni prima di Abel,
una dimostrazione - non del tutto esauriente -
di questo teorema di impossibilità era stata data dall'italiano Paolo Ruffini.
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I risultati di Ruffini e Abel,
nel momento stesso in cui chiudono un problema,
ne suscitano molti altri.
Per esempio,
l'impossibilità di trovare una formula risolutiva algebrica,
valida per la totalità delle equazioni di grado superiore al quarto,
non esclude l'esistenza di formule risolutive del tipo detto,
valide solo per particolari equazioni di grado superiore al quarto;
si pone quindi il problema di studiare più a fondo i diversi tipi di equazioni
per stabilire quali tra queste sono risolubili mediante formule algebriche.
Inoltre riveste un certo interesse sapere se
nell'eventuale formula risolutiva di una data equazione
figurano solo estrazioni di radice quadrata
o intervengono anche radici di ordine superiore:
l'interesse per questa ulteriore distinzione di casi deriva dal fatto
che un problema geometrico è risolubile con riga e compasso
se e solo se la sua traduzione in termini algebrici dà luogo
ad un'equazione dotata di una formula risolutiva
in cui compaiono solo estrazioni di radice quadrata.
Il matematico che ha dato un impulso decisivo a questo campo di ricerche
è Evariste Galois morto appena ventunenne, a seguito di un duello, nel 1832.
A lui va anche il merito di aver introdotto la nozione di gruppo,
che sta alla base di tutta l'algebra moderna.
Accanto a Galois va ricordato un altro grande matematico dell'800:
Carl Friedrich Gauss,
già citato a proposito dello studio del corpo dei numeri complessi.
I suoi contributi alla matematica spaziano
dall'algebra alla geometria, alla teoria dei numeri.
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La nozione di gruppo rappresenta
un salto qualitativo di grandissima rilevanza per il pensiero matematico.
Infatti con questa nozione ci si svincola dall'esame
di particolari "oggetti" matematici
e l'attenzione si concentra unicamente sulla "legge di composizione"
che determina appunto la struttura di gruppo.
Nell'impossibilità di entrare nei dettagli tecnici,
ci dobbiamo limitare ad illustrare l'affermazione precedente
con un esempio alquanto banale:
consideriamo la regola dei segni
("più per più, fa più; meno per più, fa meno"; ...);
consideriamo poi la legge di composizione
dei numeri pari e dispari rispetto alla somma
("pari più pari, fa pari; dispari più pari, fa dispari"; ...);
nel primo caso, gli oggetti che consideriamo sono i segni "più" e "meno",
nel secondo caso sono le classi dei numeri "pari" e "dispari";
nei due casi si tratta dunque di oggetti ben diversi;
ma il modo come questi oggetti si compongono tra loro è identico
(il "pari" si comporta come il "più", il "dispari" si comporta come il "meno").
Si esprime questo fatto dicendo che le due strutture sono isomorfe.
Il salto qualitativo rappresentato
dall'introduzione della nozione di gruppo
sta appunto in questo:
se si dimostrano certe proprietà algebriche per un dato gruppo,
allora le stesse proprietà sussistono anche
per tutti i gruppi isomorfi al gruppo dato,
qualunque sia la natura degli elementi che li compongono.
Si ottiene così una formidabile economia di pensiero,
insieme con la possibilità di utilizzare le stesse tecniche algebriche
nei contesti matematici più disparati.
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La nozione di gruppo caratterizza le strutture in cui
è presente un'unica operazione algebrica, non necessariamente commutativa.
In modo analogo si possono introdurre
strutture dotate di due o più operazion ialgebriche;
a seconda delle proprietà di cui queste operazioni godono,
si ottengono i corpi (non necessariamente commutativi,
e quindi più generali dei corpi numerici commutativi
di cui abbiamo parlato nel paragrafo precedente),
gli anelli, gli spazi vettoriali, i moduli, ecc.
Lo studio di queste strutture algebriche astratte,
cominciato alla fine dell'800
principalmente ad opera della scuola matematica tedesca,
ha ricevuto un ulteriore forte impulso in questi ultimi quarant'anni
a seguito della pubblicazione, ancora non conclusa,
della monumentale opera di un gruppo di matematici francesi,
riuniti sotto lo pseudonimo di Bourbaki.
L'ambizioso progetto del Bourbaki è quello
di rifondare organicamente e unitariamente tutta la matematica
attraverso uno studio sistematico
delle strutture algebriche e topologiche fondamentali,
a cui ricondurre poi tutti i successivi sviluppi specialisti.
(Delle strutture topologiche riparleremo nel paragrafo dedicato all'analisi).
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La conoscenza delle più semplici figure geometriche risale alla preistoria;
si pensi ad esempio
alla costruzione di capanne a pianta rettangolare o circolare,
all'invenzione della ruota,
alla realizzazione di vasi e suppellettili a simmetria circolare
e alle decorazioni geometriche in cui intervengono effetti di simmetria,
di ricorrenza, ecc.
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Ad un livello notevolmente più elevato si collocano
le conoscenze geometriche degli antichi egizi e babilonesi.
Si possono ricordare le nozioni di geometria piana e solida
necessarie per l'edificazione delle piramidi,
lo sviluppo dell'astronomia
e quello della misurazione dei terreni,
da cui trae origine la stessa parola "geometria".
Ma è merito indiscutibile della civiltà greca
aver elevato la geometria al rango di scienza.
La geometria rappresenta anzi in assoluto
il primo esempio di scienza rigorosamente ipotetico-deduttiva.
I nomi dei matematici greci a cui va questo merito sono talmente noti
da rendere superfluo ogni commento:
si passa dalle prime dimostrazioni teoriche di Talete e Pitagora (V secolo a.C.)
alla sistemazione globale della geometria classica ad opera di Euclide
(III secolo a.C. )
che con i suoi Elementi ha fornito un'esposizione organica,
rimasta per oltre duemila anni modello insuperato di chiarezza e di rigore.
Paradossalmente, la perfezione del trattato di Euclide
ha condizionato e rallentato per molti secoli
gli ulteriori sviluppi della matematica.
Infatti, come già ricordato nei paragrafi precedenti,
il predominio della geometria ha impedito di fatto
un parallelo sviluppo del calcolo numerico, dell'algebra e dell'analisi.
Per la geometria stessa, la situazione si sblocca appena dopo il '500,
quando la cultura occidentale ha ben assimilato gli apporti della civiltà araba.
Ma prima di parlare della concezione radicalmente nuova della geometria,
introdotta nel '600 da Cartesio,
occorre completare il quadro delle conoscenze geometriche dell'antichità classica.
Sulla scia di Euclide operano altri geometri greci,
tra cui Apollonio (III secolo a.C.) autore di un famoso trattato sulle coniche
(curve che si possono ottenere come sezioni di un cono con un piano;
al variare dell'inclinazione del piano si generano
ellissi - in particolare circonferenze -, parabole, iperboli).
33
525
Infine, i problemi di natura matematica collegati all'interpretazione
e all'elaborazione delle osservazioni astronomiche e geografiche
danno origine alla trigonometria, che raggiunge un notevole sviluppo con Tolomeo
(vissuto ad Alessandria nel II secolo d.C.).
34
529
Veniamo ora a parlare di quella che si può definire senza esagerazioni
una rivoluzione nella concezione della geometria, operata da Cartesio.
L'idea centrale della sua Géométrie,
pubblicata nel 1637 come appendice al Discours sur la méthode,
consiste nel collegare la geometria all'algebra,
introducendo opportuni sistemi di riferimento e
traducendo quindi tutte le proprietà geometriche delle figure
in relazioni algebriche.
Dalla manipolazione e dalla risoluzione
delle equazioni e disequazioni algebriche così ottenute
si traggono le informazioni desiderate
sulle configurazioni geometriche in esame.
Tanto per esemplificare:
nel piano i punti vengono identificati con le coppie di numeri (x, y)
che ne rappresentano le coordinate;
le rette e le coniche vengono identificate rispettivamente
con le equazioni di primo e di secondo grado, nelle due incognite x, y;
le coordinate dei punti di intersezione tra due rette
si ottengono risolvendo il sistema formato dalle rispettive equazioni, ecc.
La potenza dello strumento algebrico consente di affrontare
nella nuova impostazione
tutti i problemi classici in modo semplice e sistematico.
Il metodo di Cartesio non si riduce però a questo;
la sua portata è ben più vasta, perché permette di studiare anche
curve rappresentate da equazioni di grado qualunque, non solo rette e coniche
(il settore della geometria che si occupa di questi aspetti
viene detto "geometria algebrica").
Lo stesso metodo cartesiano può essere applicato altresì
alla geometria dello spazio tridimensionale,
anzi addirittura a spazi di dimensione n qualunque:
come il piano viene identificato con le coppie di numeri reali (x, y)
e lo spazio tridimensionale con le terne di numeri reali (x, y, z),
così lo spazio a 4 dimensioni
viene identificato con le quaterne di numeri reali (x, y, z, w), ecc.
Naturalmente per spazi di dimensione maggiore di 3
viene a mancare l'intuizione geometrica,
mentre possono essere ancora usati gli strumenti algebrici.
Va detto peraltro che gli spazi di dimensione maggiore di 3
sono stati presi in considerazione appena nell'800,
ossia due secoli dopo Cartesio.
Non vi è nulla di strano, o di misterioso, a considerare spazi di dimensione n>3;
di fatto si opera in tali spazi tutte le volte che si ha a che fare
con una funzione di n variabili indipendenti,
caso assai frequente in fisica, in economia, ecc.
35
572
Nel corso del '700 si sviluppano altri rami della geometria,
sui quali dobbiamo sorvolare in questa sede per esigenze di spazio
(metodi di rappresentazione in geometria descrittiva, geometria proiettiva, ecc.).
Tutto questo fiorire di ricerche è in certo senso
indipendente dall'opera di Euclide,
in quanto vengono affrontate tematiche diverse
e si utilizzano strumenti diversi rispetto a quelli euclidei,
mentre la geometria euclidea viene considerata ancora
come una costruzione perfetta e intoccabile.
Ad essere precisi, fin dall'antichità i commentatori
avevano rilevato un piccolo "neo" nella mirabile opera di Euclide:
si tratta del famoso quinto postulato, in base al quale
per ogni punto del piano passa una e una sola retta parallela ad una retta data.
Il "neo" consiste, secondo i commentatori, nel fatto
che questo postulato ha un carattere di evidenza minore rispetto agli altri, perché
- essendo le rette illimitate -
non è facile distinguere intuitivamente tra rette parallele e
rette che potrebbero magari incontrarsi in qualche punto lontanissimo del piano.
Da qui gli sforzi per dimostrare la validità del V postulato
come conseguenza dei postulati precedenti (Saccheri, primi anni del '700).
Circa un secolo dopo, nella prima metà dell'800, quasi contemporaneamente,
l'ungherese Bolyai e il russo Lobacevskij provano,
l'uno indipendentemente dall'altro, l'inutilità di questi tentativi.
I risultati delle loro ricerche sono imprevisti
e stupiscono notevolmente i matematici dell'epoca
(ad eccezione di Gauss,
che per conto proprio era giunto alle medesime conclusioni,
ma non le aveva pubblicate "per timore delle grida dei beoti").
Bolyai e Lobacevskij dimostrano infatti che
il V postulato non è conseguenza dei postulati rimanenti,
facendo vedere che accanto alla geometria euclidea,
nella quale si ammette appunto come vero il V postulato,
si possono costruire con uguale grado di coerenza logica altre geometrie,
non euclidee, in cui è vera la negazione del medesimo postulato
(se si suppone che per un punto non passi alcune retta
parallela ad una retta data si ottiene la cosiddetta geometria ellittica,
se invece si suppone che ne passi più d'una
si ottiene la cosiddetta geometria iperbolica).
Ma - viene fatto di chiedersi allora - qual è dunque la "vera" geometria?
Alla fine dell'800
David Hilbert tronca definitivamente questo tipo di discussioni,
con la constatazione che tutta le geometria,
e più in generale tutta la matematica,
è una pura costruzione mentale dell'uomo,
per cui ha senso domandarsi solo
se essa è logicamente coerente al suo interno oppure no,
ma non ha senso domandarsi
se una geometria è più vera o meno vera di un'altra.
Hilbert parte dalla constatazione che
i punti, le rette e i piani sono concetti primitivi;
si tratta di enti che non esistono nella realtà fisica,
né avrebbe senso darne delle "definizioni",
perché ogni definizione dovrebbe fare uso di altri concetti ancora più primitivi
e questo processo a ritroso non potrebbe avere mai termine.
In definitiva, i punti, le rette e i piani sono semplicemente nomi convenzionali
e i postulati rappresentano le "regole del gioco"
che descrivono i loro mutui legami,
mentre i teoremi sono poi le conseguenze logiche di queste "regole del gioco"
e nulla più.
Si completa così la separazione tra mondo fisico
e costruzioni mentali del pensiero matematico.
Quanto detto non contraddice peraltro al fatto che,
se si assimila un oggetto piccolissimo ad un punto,
un raggio luminoso ad una retta,
una superficie liscia ad un piano,
la geometria (euclidea o non euclidea) possa rappresentare
un modello utile per descrivere la realtà fisica.
Ma, si noti bene, secondo Hilbert
la geometria non costituisce più una "rappresentazione" della realtà fisica,
come fino ad allora più o meno consapevolmente si pensava;
essa costituisce solo un "modello" della realtà,
e l'aderenza tra modello e realtà sussiste unicamente
entro i limiti di precisione sperimentale
con cui gli enti fisici assimilati agli enti geometrici
soddisfano alle proprietà espresse dai corrispondenti postulati.
Quindi, ad esempio, non è escluso che per un modello grossolano della realtà
possa essere più opportuno un modello di tipo euclideo,
mentre per un modello più sofisticato
sia necessario optare per un modello non euclideo.
36
651
Nell'800 si realizzano altri formidabili progressi in campo geometrico.
Riemann introduce e studia varietà di dimensione qualunque:
si tratta di un'estensione delle nozioni di curva e superficie
al caso degli spazi di dimensione maggiore di 3;
al solito, l'intuizione geometrica,
che aveva guidato le precedenti ricerche di dimensione minore o uguale a 3,
viene rimpiazzata da strumenti algebrici e infinitesimali in dimensione maggiore di 3.
Anche queste ricerche, apparentemente astratte e fine a se stesse,
sono destinate a trovare di lì a pochi decenni
un importante campo di applicazione nella teoria della relatività.
37
661
Nella sua famosa prolusione del 1872, nota come Programma di Erlangen,
Klein osserva che le proprietà delle figure
possono essere classificate a seconda dei tipi di trasformazioni
che le lasciano invariate.
Per esempio, le proprietà di allineamento si mantengono
proiettando i punti di un piano su di un altro piano;
le relazioni di perpendicolarità non sono invarianti per proiezioni,
ma si mantengono per similitudini,
le nozioni in cui intervengono distanze tra punti
non sono invarianti per similitudini,
ma si mantengono per isometrie, ecc.
Si tratta di un modo nuovo e originale per stabilire
una specie di gerarchia tra i diversi tipi di proprietà geometriche.
38
674
L'elencazione delle ricerche dell'ultimo secolo
e di quelle tuttora in corso potrebbe continuare a lungo.
Vale forse la pena di fissare ancora per un momento l'attenzione
sull'assiomatica che sta alla base dell'intero edificio geometrico.
Hilbert stesso ha rielaborato
il sistema dei postulati della geometria euclidea,
modificandolo e perfezionandolo variamente,
ma considerando come enti primitivi
gli stessi enti già considerati da Euclide, ossia i punti, le rette e i piani.
A partire da questi enti primitivi e dai postulati che ne descrivono i legami,
si dimostra che il piano (o lo spazio) della geometria euclidea
non è in fondo altro che uno spazio vettoriale di dimensione 2 (o 3),
dotato di un prodotto scalare definito positivo.
E allora si fa strada l'idea,
propugnata in anni recenti dalla scuola matematica bourbakista
e in particolare da Jean Dieudonné,
di capovolgere addirittura il modo di procedere tradizionale che consiste,
come abbiamo visto, in una progressiva "algebrizzazione della geometria"
e nell'assumere come punto di partenza di tutte le considerazioni geometriche
direttamente la struttura algebrica di spazio vettoriale,
salvo a ritrovare in un secondo tempo le proprietà intuitive delle figure
sotto forma di "interpretazione geometrica dell'algebra vettoriale".
Questo punto di vista allontana ulteriormente
lo studio della geometria dalle sue origini,
ma presenta l'innegabile pregio di una notevole semplicità di impostazione
- sia pure ad un elevato livello di astrazione -
ed è suscettibile di ampie generalizzazioni
ai già citati spazi di dimensione maggiore di 3.
40
701
La matematica greca rifuggiva
dai ragionamenti e dai procedimenti di calcolo
non riconducibili ad un numero finito di operazioni elementari di tipo costruttivo
(come le quattro operazioni aritmetiche sui numeri naturali,
le costruzioni con riga e compasso).
Nondimeno, i primi esempi di ragionamenti infinitesimali
risalgono ai pensatori greci del V secolo a.C.,
a cominciare da Zenone,
col suo famosissimo "paradosso" di Achille che insegue la tartaruga.
Se h indica la lunghezza del tratto che inizialmente separa Achille dalla tartaruga
e se si suppone ad esempio che la velocità di Achille
sia doppia di quella della tartaruga,
quando Achille avrà percorso il tratto di lunghezza h
e avrà raggiunto così la posizione iniziale della tartaruga,
questa avrà percorso un tratto di lunghezza h/2;
quando Achille raggiungerà la nuova posizione della tartaruga,
questa avrà percorso un ulteriore tratto di lunghezza h/22,
e così via.
Achille raggiungerà quindi la tartaruga dopo aver percorso complessivamente
un tratto di lunghezza h(1+1/2+1/22+1/23+...).
Fin qui,
la descrizione moderna della situazione
coincide sostanzialmente con quella immaginata da Zenone.
Ma a questo punto le due interpretazioni divergono.
Per Zenone infatti il considerare una somma di infiniti termini
1+1/2+1/22+1/23+...
costituisce un "paradosso";
per noi invece non vi è nulla di paradossale;
si tratta solo di una "serie geometrica convergente", la cui somma vale 2.
Quindi Achille raggiungerà la tartaruga
dopo aver percorso un tratto di lunghezza 2h.
Ma naturalmente il fatto, che noi oggi siamo in grado
di dare un significato preciso alla somma di una serie con infiniti addendi,
presuppone la nozione di limite, di cui Zenone ancora non disponeva.
41
732
Chi invece conosce e padroneggia magistralmente la nozione di limite
è Archimede,
uno dei più grandi scienziati che l'umanità possa vantare
(III secolo a.C.).
Ma i tempi non sono ancora maturi
per far accettare ai
suoi contemporanei
dimostrazioni basate su metodi infinitesimali
(per es. il
calcolo dell'area di un settore di parabola)
e così Archimede è costretto
a riformulare
le sue scoperte di calcolo integrale in forma diversa,
ricorrendo al metodo di esaustione, ideato da Eudosso,
che consiste
sostanzialmente nel ricondursi ad un ragionamento per assurdo,
la cui
validità era riconosciuta dai matematici dell'epoca.
42
742
Devono passare molti secoli, prima che
le scoperte di Archimede
vengano riproposte all'attenzione della comunità matematica europea
(la
prima edizione a stampa delle opere di Archimede, in greco e in latino,
è del 1544).
All'inizio del '600 numerosi illustri scienziati
si occupano di questioni infinitesimali,
da Galileo a Keplero, a Cavalieri, a Torricelli, a Fermat.
Ma è a Gottfried Wilhelm Leibniz e ad Isacco Newton
che si deve la nascita del vero e proprio calcolo infinitesimale
moderno, verso il 1680.
In questa sede non ci interessa entrare nel
merito della disputa circa la priorità dell'uno o dell'altro. Il punto
centrale consiste nel collegare l'integrazione (procedimento di tipo
infinitesimale per il calcolo di lunghezze, aree, volumi, ecc.) con la
derivazione (in termini geometrici: determinazione della pendenza del
grafico di una funzione in un punto); ciò porta ad una significativa
unificazione di concetti, e al tempo stesso ad una rilevante
semplificazione dei calcoli.
43
757
Dalla fine del '600 in poi, è tutto un susseguirsi di scoperte: si
studiano gli sviluppi in serie di potenze, si risolvono molte equazioni
differenziali, si applicano le nuove tecniche infinitesimali a problemi
precedentemente inabbordabili di geometria, di astronomia, di fisica. Oltre
a Leibniz e Newton, vanno citati in questo contesto i nomi dei
fratelli Giovanni e Giacomo Bernoulli, il marchese de l' Hospital,
Taylor, Maclaurin, Eulero, Lagrange. I loro contributi allargano enormemente
gli orizzonti della matematica e modificano la stessa concezione tradizionale
della disciplina: le soluzioni di un'equazione differenziale sono
funzioni, o - più esattamente - famiglie di funzioni di una o più
variabili, assai più generali di quelle considerate dalla matematica
classica; geometricamente si tratta, se si suppone di essere ad es. in un
piano, di curve e di famiglie di curve (non necessariamente algebriche). È
difficile esemplificare in poche parole tutta la portata dell'analisi
infinitesimale. L'andamento di molti fenomeni,
non solo fisici, ma anche
biologici ed economici, può essere descritto da equazioni differenziali:
si pensi ad esempio alle linee di forza di un campo magnetico, o alle
forme assunte istante dopo istante da una corda vibrante, o alla funzione
che descrive nel tempo l'aumento di un dato capitale iniziale, investito
ad un certo tasso di interesse composto, o all'analoga funzione che
rappresenta l'accrescimento di una popolazione di determinate
caratteristiche, o alla legge del decadimento radioattivo.
44
784
Come sempre capita nei periodi di crescita tumultuosa di una
disciplina, i cultori dell'analisi infinitesimale del '600 e del '700
non prestavano soverchia attenzione ai presupposti teorici delle loro
ricerche. All'inizio dell'800 ci si rese conto della necessità di una
risistemazione accurata dei concetti base dell'analisi infinitesimale, a
cominciare dalle definizioni di limite e di funzione continua (Cauchy,
1825 circa). Furono meglio precisate anche altre nozioni, usate fino a
quel momento in maniera un po' troppo disinvolta: si chiarì la
distinzione tra serie formali e serie convergenti, tra funzioni continue,
funzioni integrabili, funzioni derivabili e funzioni analitiche, si
sviluppò il calcolo delle variazioni, ecc. (Weierstrass, Riemann,
Bolzano, Volterra, Lebesgue, Dini, Ascoli, Arzelà, Vitali, e molti
altri). Si può dire che tutti i principali teoremi, che costituiscono
oggi l'ossatura dei normali corsi universitari di analisi matematica nel
primo biennio delle facoltà scientifiche, furono enunciati e dimostrati
in maniera rigorosa per la prima volta nel corso dell'800.
45
801
Un discorso a sé merita l'opera del matematico tedesco Georg Cantor
(seconda metà dell'800). Già oltre due secoli prima, Galileo aveva
osservato che l'insieme dei numeri naturali può essere messo in
corrispondenza biunivoca con un suo sottoinsieme, per esempio con il
sottoinsieme dei numeri naturali che sono quadrati perfetti; basta
associare ad ogni numero naturale il rispettivo quadrato: 0 - 0, 1 - 1,
2 - 4, 3 - 9, 4 - 16, 5 - 25, ... - ...
46
809
Questa possibilità caratterizza gli insiemi infiniti: è chiaro che
nessun insieme finito, costituito da un certo numero n di elementi, può
essere messo in corrispondenza biunivoca con un suo sottoinsieme ,
costituito da un numero m (minore di n) di elementi. Galileo si era
arrestato di fronte alla constatazione che, quindi, nel caso degli
insiemi infiniti non è più possibile attribuire alle nozioni di confronto
("minore", "maggiore") il loro significato usuale, in quanto un insieme
infinito può essere "uguale" a una sua parte; Cantor invece va oltre ed
elabora una geniale teoria che consente di classificare anche i diversi
tipi di insiemi infiniti, proprio come i numeri naturali consentono di
classificare gli insiemi finiti secondo la loro "cardinalità".
Per
esempio Cantor prova che l'insieme dei numeri naturali ha la stessa
cardinalità dell'insieme dei numeri interi e anche la stessa cardinalità
dell'insieme dei numeri razionali, mentre i numeri reali (o complessi)
hanno una cardinalità maggiore. La teoria degli insiemi, creata da
Cantor, rappresenta indubbiamente uno dei contributi più arditi della
mente umana per penetrare con la forza del ragionamento i misteri
dell'infinito. Accolta inizialmente con diffidenza dalla comunità
matematica, la teoria degli insiemi si è rivelata ben presto uno
strumento importante per chiarire molti aspetti dell'analisi matematica. Anzi
si può dire che ormai la teoria degli insiemi è presente - almeno
come linguaggio - in tutti i principali settori della matematica.
47
833
Agli inizi del '900 Hilbert, Fréchet, Banach ed altri matematici
introducono certe nuove strutture, prive di interpretazioni intuitive
immediate, ma importantissime per inquadrare adeguatamente le ricerche
più avanzate dell'analisi. Si tratta di "spazi" i cui elementi non sono
più punti in senso geometrico o cartesiano, bensì enti di natura
qualsiasi, per esempio funzioni. Questi spazi funzionali vengono dotati
di opportune strutture "metriche" o, più in generale, "topologiche"
(essenzialmente si tratta di estendere ad insiemi qualsiasi le usuali
nozioni di "distanza" e di "intorno", ben note nel caso della retta e del
piano euclideo). In termini delle strutture così
introdotte, si può parlare di
convergenza di una successione di funzioni ad una funzione limite e, a
seconda delle diverse possibili strutture topologiche considerate, si
ottengono diversi tipi di convergenza. Pur non potendo, al solito,
entrare nei dettagli tecnici, si può ben capire l'importanza di un punto
di vista siffatto, quando si voglia approssimare una funzione data
mediante funzioni di tipo più semplice, ed esaminare le relazioni che
intercorrono tra funzioni approssimanti e funzioni limite.
48
854
La topologia, ossia appunto lo studio delle strutture che consentono
di parlare di continuità e di convergenza, è probabilmente il settore
della matematica che ha subìto in questo secolo la più rapida evoluzione,
avvalendosi anche di tecniche algebriche e differenziali (topologia
algebrica e topologia differenziale). Tra i molteplici campi di
applicazione della topologia, notiamo che essa consente di precisare
affermazioni qualitative del tipo: perturbando "di poco" un'orbita
ellittica (di un corpo celeste, o di un satellite artificiale, per
esempio) si ottiene una nuova orbita ellittica, "vicina" alla precedente,
mentre se si perturba "di poco" un'orbita parabolica si possono ottenere
anche orbite non paraboliche (ellittiche o iperboliche, a seconda dei
casi). Le orbite paraboliche rappresentano dunque un "caso di
instabilità" in quanto ad una perturbazione comunque piccola della
situazione iniziale possono corrispondere sviluppi successivi
completamente diversi del fenomeno. Lo stesso tipo di considerazioni è
altresì alla base della recente teoria delle catastrofi, elaborata dal
matematico francese René Thom, quale possibile modello matematico per i
fenomeni dell'evoluzione biologica.
49
874
Per completare la panoramica sulle più recenti ricerche nel campo
dell'analisi, occorre infine menzionare la moderna teoria della misura,
che generalizza l'originaria concezione di integrale, e trova importanti
applicazioni ad es. nello studio della probabilità nel continuo.
51
879
Come gran parte delle principali conquiste del pensiero umano, anche
la prima codificazione della logica è merito della civiltà greca. Nell'Organon
di Aristotele (IV secolo a.C.) sono chiaramente analizzati i
diversi tipi di sillogismi, viene discusso l'uso dei connettivi (in
particolare, della negazione), viene enunciato il principio del terzo
escluso, si fa una netta distinzione tra la correttezza formale di un
ragionamento e la "verità" delle premesse e delle conclusioni. La logica
fornisce così gli strumenti essenziali per ragionare correttamente in
qualunque ambito di conoscenza, non solo in matematica, ma va da sé che,
tra tutte le scienze, la matematica è quella che meglio si presta ad una
trattazione formalizzata. Non deve quindi stupire se gli Elementi di
Euclide, posteriori di pochi decenni all'opera di Aristotele,
rappresentano la prima trattazione organica di una disciplina secondo il
metodo ipotetico-deduttivo, in accordo con le indicazioni generali
fornite da Aristotele.
52
896
Nel medioevo si riscontra un accentuato interesse per la logica, da
parte dei filosofi scolastici (Abelardo, Occam). Il loro interesse si
concentra però prevalentemente sugli aspetti linguistici, giungendo a
prefigurare una specie di "logica delle proposizioni"; sono invece scarsi
i riflessi diretti sulla matematica.
53
901
Verso la fine del '600 Leibniz, filosofo oltre che matematico,
concepisce l'ambizioso progetto di creare una logica formale, capace di
ricostruire tutte le conoscenze umane a partire da un certo numero di
concetti primitivi, mediante regole di composizione analoghe a quelle del
calcolo algebrico. Ma è solo nell'800, con George Boole, che nasce la
moderna logica matematica. La sua idea base consiste in
un'interpretazione insiemistica delle regole della logica classica:
associando ad ogni proposizione l'insieme dei casi in cui essa è
verificata, l'implicazione si traduce in un'inclusione di insiemi e la
composizione di due proposizioni mediante i connettivi "e", "o", "non"
si traduce nelle operazioni di intersezione, unione e complementazione.
54
913
Dopo Boole, la simbolizzazione della logica viene ulteriormente
perfezionata da Frege e da Peano cui si deve anche l'introduzione di
appositi segni per denotare i quantificatori ("esiste"; "per ogni") e le
relazioni tra insiemi ("inclusione"; "elemento di"; ecc.).
55
916
Alla fine dell'800 si nota un notevole interesse per i fondamenti
della matematica: come già detto in precedenza, Peano caratterizza
assiomaticamente la struttura dei numeri naturali e Hilbert rielabora
l'assiomatica della geometria euclidea; la teoria degli insiemi sta alla
base di queste costruzioni e quindi in pratica di tutta la matematica. Se
non che nei primi anni del '900 vengono scoperti vari paradossi o - più
propriamente - antinomie (Burali-Forti, B. Russell e altri) che
minacciano di distruggere tutto l'edificio creato da Cantor. Ne
scaturisce tutto un nuovo filone di ricerche, per dare anche alla teoria
degli insiemi un assetto assiomatico, atto ad eliminare i paradossi. Si
cerca insomma un fondamento sicuro, su cui edificare la matematica. Hilbert
concepisce l'idea di costruire, accanto alla matematica, una
metamatematica, cioè uno studio formale delle manipolazioni logiche che
si compiono quando si dimostra un teorema. Attraverso la metamatematica egli
spera di dimostrare che una certa teoria matematica, ad es. l'aritmetica
in una opportuna formalizzazione, è esente da contraddizioni. Ma anche
questo programma è destinato ad un insuccesso. Nel 1931 Gödel dimostra
il suo celebre teorema di indecidibilità, in base al quale è impossibile
dimostrare la non-contraddittorietà dell'aritmetica dei numeri naturali,
rimanendo nell'ambito di una teoria formale dell'aritmetica stessa. In
altre parole, non è possibile assicurare la coerenza logica
dell'aritmetica (e, a maggior ragione, di una qualunque teoria che
comprenda l'aritmetica) senza fare ricorso a considerazioni esterne
all'aritmetica stessa. Il teorema di Gödel afferma anche l'esistenza,
sempre nell'ambito dell'aritmetica, di qualche enunciato per il quale
non è possibile dare una dimostrazione né della sua verità, né della sua
falsità! I risultati negativi di Gödel, oltre ad aver indotto i
matematici a riflettere criticamente sul significato e sui limiti di
validità della loro scienza, hanno stimolato ulteriori approfondite
ricerche in diversi settori della logica (teoria delle funzioni
ricorsive, teoria dei modelli, ...); non è possibile affrontare tali
problematiche in questa sede.
56 953 2.6. Probabilità e statistica
57
954
Le prime elaborazioni sistematiche di grandi quantità di dati
statistici sono costituite dai censimenti, in uso presso le principali
civiltà antiche, e particolarmente in epoca romana.
58
957
A differenza di ciò che avviene negli altri rami della matematica,
dove ci si preoccupa normalmente di evitare manipolazioni (numeriche,
algebriche o geometriche) che facciano perdere informazioni rispetto ai
dati iniziali del problema, l'elaborazione di una statistica comporta
per sua stessa natura la perdita di informazioni: per poter calcolare ad
esempio il reddito medio di una certa popolazione, occorre conoscere il
reddito individuale dei singoli, ma dalla conoscenza del reddito medio
non si può certo risalire ai redditi individuali. Questa perdita di
informazioni è compensata da una maggiore significatività dei dati
statistici.
La lettura di un elenco dei redditi individuali di alcuni
milioni di persone sarebbe talmente dispersiva da risultare del tutto
inutilizzabile; viceversa il reddito medio della popolazione in esame
rappresenta un parametro, almeno grossolano, per valutare il tenore di
vita della popolazione stessa e per confrontarlo con quello di altre
popolazioni. Una delle difficoltà che si incontrano nelle elaborazioni
statistiche consiste proprio nell'individuare i parametri più
significativi da prendere in considerazione; già in una situazione così
semplice come quella del calcolo del "valore medio" di una raccolta di
dati numerici, si possono considerare, oltre alla tradizionale media
aritmetica, altri tipi di "medie", quali la media geometrica, il valore
mediano, i valori modali. Ognuno di questi valori medi serve per misurare
caratteristiche diverse della popolazione considerata , ma non si può dire
in astratto che uno di essi sia più significativo dei rimanenti; occorre
scegliere caso per caso quello più appropriato all'indagine che si sta
facendo. Ulteriori informazioni statistiche si possono trarre poi dalla
conoscenza della dispersione dei dati rispetto al valore medio, ecc.
59
990
Non sempre si effettuano indagini "a tappeto" per ottenere
informazioni su una certa popolazione. Spesso ci si limita ad esaminare
le caratteristiche di un opportuno "campione" e quindi si cerca di
estendere all'intera popolazione i risultati ottenuti sul campione. Questo
modo di procedere, applicato in modo sistematico a partire
dall'800, è dettato da ragioni di economicità (di solito, un rilevamento
esteso a tutta la popolazione sarebbe troppo complesso e quindi troppo
costoso) o anche da ragioni intrinseche al tipo di rilevamento da
effettuare (esempio tipico: per stabilire la percentuale di fiammiferi
difettosi prodotti da una fabbrica occorrerebbe provarli tutti, ma ciò
distruggerebbe il prodotto che si intende analizzare). In questo ordine
di idee, acquista notevole rilevanza una scelta corretta del campione,
il quale deve essere per quanto possibile rappresentativo dell'intera
popolazione, in relazione alla proprietà che si intende valutare. Poiché
però in un'indagine a campione si suppone che non siano stati rilevati i
dati relativi all'intera popolazione, non si può avere la certezza
dell'aderenza tra i valori statistici ottenuti per il campione e quelli
che si sarebbero ottenuti per tutta la popolazione; nondimeno, il calcolo
delle probabilità fornisce strumenti atti a stimare quantitativamente
l'attendibilità dei risultati tratti dal campione.
60
1016
Le origini del calcolo delle probabilità si fanno risalire al 1654,
anno in cui i matematici francesi Pascal e Fermat si scambiarono una
serie di lettere relative a vari problemi sui giochi d'azzardo. Pochi
anni dopo, Huygens introdusse la nozione di "speranza matematica" e fece
alcune applicazioni del calcolo delle probabilità nel campo delle
assicurazioni sulla vita. La prima trattazione sistematica del calcolo
delle probabilità è dell'inizio dell'800, ad opera di Laplace.
61
1024
Secondo la definizione classica, la probabilità di un evento aleatorio
è data dal rapporto tra il numero dei casi favorevoli e il numero dei
casi possibili, purché tutti i casi possibili siano equiprobabili. Per
esempio, la probabilità che nel lancio di un dado non truccato esca la
faccia contrassegnata dal numero 4 è 1/6, in quanto c'è un solo caso
favorevole su sei casi possibili; ciò non sarebbe più vero per un dado
truccato, poiché in tale eventualità i casi possibili non sarebbero
equiprobabili.
62
1033
La definizione classica di probabilità presta il fianco ad una critica
di sostanza, in quanto presuppone a sua volta una nozione non meglio
precisata di natura probabilistica (quella di eventi "equiprobabili"). Per
evitare questo circolo vizioso, è stata proposta una seconda
definizione di probabilità, basata su considerazioni di frequenza
statistica (legge dei grandi numeri, nelle sue varie formulazioni), e
infine una terza definizione, che fa riferimento a valutazioni di tipo
soggettivo. Ancora oggi non si può dire che sia stato raggiunto un
completo accordo tra i probabilisti sul significato esatto da attribuire
alla nozione di "probabilità". Nondimeno, a livello teorico, un notevole
progresso è stato realizzato verso il 1930 da Kolmogorov, che ha dato
anche al calcolo delle probabilità una sistemazione assiomatica,
ritenuta adeguata dalla maggior parte delle scuole di probabilisti.
63
1050
Il calcolo delle probabilità non si limita allo studio di eventi
discreti (quali il lancio di dadi) ma affronta più in generale situazioni
di probabilità nel continuo (tanto per fare un esempio abbastanza
semplice, rientra in questo ordine di idee il problema di determinare la
probabilità che scegliendo "a caso" due punti B, C interni ad un segmento
AD, i tre nuovi segmenti AB, BC, CD così ottenuti possano essere presi
come lati di un triangolo). Lo studio delle probabilità nel continuo si
riallaccia direttamente alla teoria della misura, di cui abbiamo parlato
nel paragrafo dedicato all'analisi; infatti, non potendo più considerare
il "numero" degli eventi possibili, né quello degli eventi favorevoli
quando essi sono in quantità infinita, occorre sostituire al computo
numerico un computo della "misura" dell'insieme degli eventi possibili e
dell'insieme degli eventi favorevoli.
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1067
Su questo tema mi limiterò a poche osservazioni, sia perché si tratta
di un campo nel quale non sono particolarmente esperto, sia perché in
questo stesso ciclo di incontri ha avuto luogo una conferenza dedicata
specificamente all'informatica, e non vorrei ripetere cose già dette.
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1072
L'informatica si configura come un settore autonomo appena nell'ultimo
ventennio, dopo l'avvento degli elaboratori elettronici. Indubbiamente
il recente rapidissimo progresso tecnologico nel settore degli strumenti di
calcolo automatico ha notevolmente stimolato le ricerche informatiche, ma
occorre guardarsi dall'identificare l'informatica con la sola tecnologia
degli elaboratori elettronici.
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1079
Alle radici dell'informatica stanno gli "algoritmi", cioè le procedure
di calcolo completamente formalizzate ed eseguibili mediante un numero
finito di passi elementari. Tra gli algoritmi di calcolo noti fin
dall'antichità classica, si può citare l'algoritmo di Euclide per la
determinazione del massimo comun divisore tra due numeri naturali
mediante un procedimento di divisioni successive e l'algoritmo di Erone
per il calcolo approssimato della radice quadrata di un numero positivo.
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1088
Con l'introduzione del sistema di numerazione posizionale, vengono
introdotti nel medioevo anche i relativi algoritmi numerici, che
consentono di eseguire agevolmente le quattro operazioni aritmetiche.
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1091
All'inizio del '600 Bürgi e Nepero elaborano, con le tavole dei
logaritmi, il primo vero e proprio strumento di calcolo moderno, la cui
importanza è rimasta inalterata per oltre tre secoli; appena oggi, con
l'avvento dei calcolatori elettronici, altri procedimenti di calcolo
stanno soppiantando le tavole dei logaritmi.
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1096
Dal punto di vista tecnologico, si possono trovare antenati degli
elaboratori elettronici moderni nella "macchina analitica" di Babbage
(ideata verso il 1850 ma rimasta allo stadio di progetto) e nei
calcolatori elettromeccanici costruiti industrialmente nella prima metà
di questo secolo. Dal punto di vista concettuale, invece, un'influenza
determinante sulla progettazione degli elaboratori elettronici è stata
esercitata dalle riflessioni teoriche del logico Turing sul comportamento
della mente umana e sulla possibilità di decomporre ogni ragionamento
complesso in una successione finita di passi elementari, traducibili
(almeno in linea di principio) in una serie di istruzioni per una
macchina.
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1110
La traduzione effettiva di un problema matematico in un programma di
calcolo per un elaboratore elettronico sarebbe estremamente lunga e
fastidiosa se si dovesse usare direttamente il linguaggio con cui opera
la macchina (sequenza di segni 0 e 1). Uno dei maggiori sforzi di questi
ultimi anni è consistito quindi nella creazione di linguaggi artificiali
(Fortran, Basic, Pascal, ...) che sono in certo senso intermedi tra il
linguaggio comune, il simbolismo matematico tradizionale
e il linguaggio macchina.
72
1119
Per quanto riguarda più direttamente i riflessi sulla matematica va
detto infine che, mentre fino a pochi anni fa gli elaboratori elettronici
operavano esclusivamente in termini numerici discreti (ad es. il calcolo
di un integrale definito veniva ricondotto ad un numero finito di somme
approssimanti il valore cercato), ormai si stanno realizzando programmi
che consentono agli elaboratori elettronici di operare secondo i
procedimenti algebrici e infinitesimali della matematica tradizionale
(quindi ad es. il calcolo di un integrale può essere fatto attraverso la
ricerca della funzione primitiva). Ciò apre nuove prospettive per
l'utilizzazione dell'informatica anche nella ricerca matematica, e non
solo nelle sue utilizzazioni numeriche.
73 1134 3. Implicazioni didattiche e prospettive per il futuro
74
1135
Nell'opinione corrente, la matematica viene spesso considerata come
una disciplina arida, statica e immutabile. Questa opinione è avvalorata
da un certo tipo di insegnamento scolastico che privilegia - a tutti i
livelli di scolarità - gli aspetti mnemonico-ripetitivi e di calcolo,
trascurando invece gli aspetti critici e problematici e l'evoluzione
storica delle idee. Nella mia esposizione ho cercato di confutare questa
opinione, facendo vedere che la matematica è una scienza viva che si
sviluppa nel tempo, estendendo e approfondendo le sue tematiche,
esattamente come le scienze sperimentali. Del resto, la matematica trae
buona parte delle sue motivazioni da problemi del mondo della natura, e
le principali teorie matematiche sono a loro volta indispensabili per
poter interpretare quantitativamente i fenomeni del mondo reale. Ma la
matematica non si esaurisce nel suo ruolo strumentale. Essa ha un suo
ruolo autonomo di primo piano nel progresso del pensiero umano,
indipendentemente dalle possibili applicazioni utilitaristiche. La
matematica è anche astrazione, generalizzazione, schematizzazione,
organizzazione logica, scelta di modelli, costruzione di teorie
unificanti. A volte motivazioni e problematiche concrete offrono lo
spunto ai matematici per la costruzione di teorie astratte; altre volte
sono i matematici ad elaborare teorie astratte, motivate unicamente da
considerazioni interne alla loro disciplina, salvo a riconoscere in
seguito (talvolta a distanza di decenni o di secoli) che tali teorie
possono costituire un modello atto ad interpretare situazioni concrete
del mondo della natura, o della tecnologia, o fenomeni socioeconomici. Lo
stesso giudizio di "astrattezza", riferito ad una teoria matematica, non
ha alcun significato in assoluto; molte teorie matematiche giudicate
"astratte" al momento della loro prima formulazione, sono diventate
patrimonio culturale comune delle generazioni successive e hanno quindi
acquistato nel tempo una "concretezza" via via maggiore (si pensi ad es. ai
numeri negativi, al calcolo letterale, alle rappresentazioni grafiche
di funzioni, alla nozione di probabilità).
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1179
Un'ulteriore riflessione si può fare esaminando i programmi
tradizionali di matematica per i vari ordini di scuole: nonostante il già
lamentato disinteresse per l'evoluzione storica della disciplina,
l'insegnamento della matematica ripercorre, almeno in prima
approssimazione (senza dichiararlo esplicitamente e forse senza averne
una chiara consapevolezza) le grandi tappe storiche delineate in quanto
precede. Nella scuola elementare si insegna sostanzialmente la matematica
nota fin dalla preistoria (calcoli aritmetici con numeri naturali e
geometria intuitiva); nella scuola media si insegna la matematica
dell'antichità classica (numeri razionali, equazioni di primo grado,
rudimenti di geometria euclidea, primi ragionamenti ipotetico-deduttivi);
nella scuola secondaria superiore si arriva grosso modo alla matematica
del '600 (algebra classica, geometria analitica, nozioni di calcolo
infinitesimale), nelle facoltà scientifiche delle università, i corsi
istituzionali trattano la matematica dell'800 (numeri reali e complessi,
strutture algebriche e geometriche, spazi vettoriali). Ad un esame più
dettagliato, si notano tuttavia ai vari livelli anche eccezioni
significative a questa scansione troppo schematica. Mi limito a due
esempi: il sistema di numerazione posizionale ha soppiantato i precedenti
sistemi di numerazione, fin dall'insegnamento elementare; l'algebra ha
preso il posto della geometria in molti contesti, ad es. nella
risoluzione delle equazioni di primo e di secondo grado. Inoltre gli
stessi programmi d'insegnamento hanno subìto in anni recenti, o stanno
per subire prossimamente, modifiche a seguito delle proposte di riforma
scaturite da un vivace movimento internazionale, iniziato una trentina di
anni fa, il quale ha comportato l'introduzione - almeno su un piano
intuitivo - di molti argomenti un tempo riservati ai livelli scolastici
superiori, nelle scuole di un livello precedente. Ad esempio, nei
programmi per la scuola media del 1979 sono state inserite nozioni di
geometria cartesiana, di statistica e di probabilità, di calcolo numerico
approssimato (anche in vista dell'uso di un calcolatore). Modifiche
analoghe sono previste nei programmi per le scuole elementari elaborati
recentemente da una commissione ministeriale, ma non ancora entrati in
vigore. La mancanza di una riforma della scuola secondaria superiore non
consente di prevedere in dettaglio i contenuti dei futuri programmi per
tale ordine di scuole; tuttavia sulla base delle linee di tendenza
internazionali si può presumere che, quando i programmi verranno
rinnovati, saranno introdotti nuovi temi quali la geometria vettoriale,
la statistica e la probabilità, le nozioni fondamentali dell'informatica,
e sarà potenziato il settore del calcolo infinitesimale, fino ad
includervi la risoluzione delle più semplici equazioni differenziali,
mentre saranno ridimensionati altri settori, quali la trigonometria,
l'uso delle tavole dei logaritmi, e più in generale le tecniche
ripetitive di calcolo, rese meno importanti dall'avvento dei calcolatori
elettronici.
76
1232
Voglio soffermarmi ancora su un'anomalia cronologica abbastanza
vistosa, presente nelle proposte di riforma di tutti gli ordini di
scuole, fin dal livello elementare. Si tratta dell'inserimento di nozioni
e notazioni insiemistiche, che - come abbiamo visto - sono una conquista
molto recente del pensiero matematico, in contesti matematici che
risalgono ad epoche assai più antiche. Tale inserimento, di per sé
positivo se visto come contributo alla chiarificazione del linguaggio
naturale nei casi in cui quest'ultimo è troppo vago e ambiguo, ha dato
luogo a fraintendimenti e ad errori pedagogici rilevanti quando si è
creduto di poter individuare nella teoria degli insiemi il fulcro su cui
imperniare tutto l'insegnamento matematico. Infatti nelle scuole
elementari e medie è del tutto fuori luogo trattare la vera e propria
teoria degli insiemi infiniti, ossia la parte più significativa
dell'opera di Cantor, e quindi ci si limita, giustamente, ad alcune
considerazioni elementari, esemplificate su insiemi finiti. Ma in tal
caso è inutile, anzi controproducente, appesantire la trattazione con
complicazioni formali ingiustificate in relazione alla semplicità delle
situazioni prese in esame. Del resto, l'esigenza di rigore dev'essere una
conquista graduale da parte di chi studia, non un'imposizione esteriore
da parte di chi insegna, nel qual caso la pretesa non motivata di un
rigore eccessivo può risultare addirittura controproducente per
l'apprendimento della matematica. Si noti come, anche storicamente, la
sistemazione razionale e assiomatica di una teoria sia sempre un evento
tardo, di cui i matematici avvertono l'esigenza appena nel momento del
ripensamento critico, non nella fase iniziale dell'elaborazione della
teoria; e lo stesso modo di procedere per gradi e per approfondimenti
successivi va seguito in sede didattica.
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1262
Resta aperta una domanda: quali nuovi sviluppi ci si possono attendere
per la matematica del futuro? È estremamente arduo fare previsioni,
anche perché retrospettivamente è facile distinguere le teorie che hanno
avuto successo da quelle che sono cadute nell'oblio, mentre guardando al
futuro è praticamente impossibile individuare, tra le molte idee in
gestazione, quelle che daranno buoni frutti, dalle altre, destinate a
diventare rami secchi. Tuttavia, azzardo una previsione: la diffusione di
mezzi di calcolo sempre più potenti e perfezionati non sostituirà, almeno
a breve scadenza, la matematica tradizionale, anzi ne favorirà un
ulteriore sviluppo, soprattutto in senso algoritmico e costruttivo, e
consentirà l'elaborazione di modelli matematici sempre meglio adeguati a
descrivere i molteplici aspetti della realtà in cui viviamo.
79
1278
A. D. Aleksandrov, A. N. Kolmogorov, M. A. Lavrentiev, Le matematiche,
Torino, Boringhieri, 1974.
N. Bourbaki, Elementi di storia della matematica, Milano, Feltrinelli,
1963.
C. B. Boyer, Storia della matematica, Milano, Isedi, 1976.
R. Courant, H. Robbins, Che cos'è la matematica?, Torino, Boringhieri,
1974.
M. Kline, La matematica nella cultura occidentale, Milano,
Feltrinelli, 1976.
C. F. Manara, G. Lucchini, Momenti del pensiero matematico, Milano,
Mursia, 1976
82 1286 Preistoria 700a.C. - 200a.C. 200a.C. - 1200 1200 - 1450 1450 - 1650 1650 - 1790 1790 - 1850 1850 - 1930 1930 - 1984
83 1295 Temi 84 1296 Insiemi numerici N naturali Q+ (razionali positivi) Notazioni posizionali dei numeri (civiltà indoarabica) Introduzione delle notazioni posizionali in Europa Z (interi) Q (razionali) Numeri algebrici R (reali) C (complessi) Assiomatizzazione di N (Peano) Corpi numerici astratti
85
1308
Algebra
Risoluzione geometrica di equazioni di I e II grado
L'algebra di Alchwarizmi (inizio IX secolo d.C.)
Introduzione dell'algebra in Europa
Risoluzione di equazioni di III e IV grado
Notazioni letterali
Sistemi di equazioni di I grado; determinanti
Gruppi
Insolubilità delle equazioni di V grado
Spazi vettoriali; matrici
Strutture algebriche commutative e non commutative
86
1319
Geometria
Figure geometriche elementari; ornamenti
Geometria razionale (Talete, Pitagora, Euclide)
Trigonometria (Tolomeo, II secolo d.C.)
Geometria analitica (Cartesio)
Geometrie non euclidee
Varietà n-dimensionali
Programma di Erlangen
Assiomatica vettoriale per la geometria
87
1328
Analisi
Limiti di successioni (Zenone, Archimede)
Calcolo infinitesimale (Leibniz, Newton)
Revisione critica delle nozioni di funzione, limite, ecc.
Teoria degli insiemi (Cantor)
Spazi di Hilbert
Topologia
Spazi funzionali; teoria della misura
88 1336 Logica Logica classica (Aristotele) Logica scolastica (Occam) Logica formale (Leibniz) Logica matematica (Boole) Critica dei fondamenti e antinomie (Hilbert, Frege, Russell) Teoremi di indecidibilità (Gödel)
89 1343 Probabilità e Statistica Censimenti (epoca romana) Definizione classica di probabilità (Pascal) Legami tra probabilità e statistica (definizione frequentista) Definizione soggettivista di probabilità Assiomatica (Kolmogorov)
90
1349
Informatica
Primi algoritmi di calcolo
Algoritmi numerici per le 4 operazioni aritmetiche
I logaritmi
La "macchina analitica" di Babbage
Calcolatori elettromeccanici
La "macchina" di Turing
Elaboratori elettronici
Linguaggi artificiali